Un Articolo sul Campo Rom di Ponticelli scritto 10 anni fa ormai

Ero Segretario Provinciale di Rifondazione allora. A Ponticelli, anche allora fu bruciato il campo Rom. Scrissi questo articolo mentre la città attraversava la sua crisi più profonda. Fu pubblicato da Liberazione. In seguito con l'allora Assessore Giulio Riccio ed il sindaco Rosa Russo Jervolino, decidemmo di varare un piano di realizzazione per nuovi insediamenti abitativi da assegnare alle popolazioni Rom. Il piano era operativo quando terminò il mandato. Al candidato sindaco De Magistris chiesi in un colloquio prima delle elezioni di mantenere immutata la destinazione di quel programma edilizio. Chissà ora che fine ha fatto l'insediamento abitativo per cittadini Nomadi. Pensato e realizzato da tre folli, Rosa Russo Jervolino, Giulio Riccio ed il sottoscritto.

IL VENTRE DI NAPOLI BRUCIA.
Il ventre di Napoli brucia. Bruciano le baracche, umile giaciglio dell'altro da noi devastato dall'intolleranza e dal disagio di una società che vira a destra. Bruciano i cumuli neri dei sacchetti abbandonati per strada, in questa lunga ed interminabile emergenza. Tra queste fiamme si aggirano indomiti ragazzetti, gradassi, su roboanti motocicli. Neo cavalieri a protezione di una società angosciata ed intimorita, senza stato e senza civiltà. E' accaduto nei mesi scorsi, accade oggi. La rabbia popolare, la ribellione trova un protettore antico e moderno. Quel potere oscuro e sotterraneo sempre presente nella storia di Napoli. Il tumore che oggi si fa paladino della voglia di pulizia e sicurezza. La Camorra! Il potere che aveva lucrato e lucra sulle mille emergenze di questa città. Il grande regolatore sociale che offre protezione in cambio di sottomissione, di rinuncia alla libertà. Analizzare ciò che sta oggi accadendo senza leggere questo è come guardare e non vedere.
Ne avevamo avuto il sentore durante i giorni di Pianura, soli, forse isolati, lanciammo un allarme che oggi le indagini della magistratura confermano. E' accaduto a Chiaiano, accade a Ponticelli.
Lì, nello storico quartiere operaio, dove abbiamo rivisto le scene terrificanti dell'esodo, uomini donne e bambini caricati su furgoncini sulle cui sponde era impresso a mò di monito la frase:”ferro vecchio”. Solo qualche giorno prima del presunto tentativo di rapimento, ad opera della giovane Rom, le cronache locali riportavano la notizia che la magistratura aveva svelato l'imposizione di un pizzo ai rom da parte dei clan di Ponticelli. Una dinamica di tal genere la scopri solo se la vittima la svela. Un affronto intollerabile per chi basa il suo potere sull'omertà e sulla paura. E' bastato veramente poco per recidere il labile legame sociale ed avviare la caccia all'untore. Il fuoco è stato appiccato da pochi imbecilli violenti, ma in un contesto di consenso sociale senza precedenti. Facendo apparire i volontari e le istituzioni che cercavano un riparo a quella umanità devastata dall'odio, visionari minoritari fuori dalla realtà.
Così come in questi giorni i roghi dei sacchetti hanno trovato la loro miccia nella esasperazione che assale di fronte al fallimento e al disastro. Il fallimento di chi ha maldestramente pensato che bastava sostituire nella gestione del ciclo dei rifiuti la camorra con la grande impresa, ed il miracolo si avverava. Ciò non è stato, ed anzi all'azione silenziosa ed intossicante senza appariscenza, che i clan esercitavano, si è sostituito lo spettacolo ignobile di un ciclo fallito, che trascina con se il tramonto di una speranza di cambiamento. Una speranza apertasi negli anni '90, attraversata da avanzamenti ed angosce. Portata avanti tra mille contraddizioni, con un' idea forse giacobina, ma con un tentativo inedito e coraggioso di tenere dentro questa tensione gli strati popolari della società napoletana. Oggi il fallimento del ciclo rifiuti oscura ed annulla tutto, apre uno spazio sociale alle bande che per anni avevano, con sofferenza, tollerato il nuovo ciclo che sembrava attraversare Napoli. Bande di malaffare, violenza e sopraffazione che si saldano, negli interessi, alla camorra di sistema, quella che fa impresa, che alimenta e si alimenta dei suoi traffici ma che non coincide con essa in modo strutturale. E' in corso la ricerca di costruzione di un nuovo blocco sociale per governare il ciclo che si apre in Campania. Come leggere altrimenti la prepotenza con cui la camorra ha dato avvio alla fase post voto. Gli omicidi virulenti degli ultimi giorni, parenti di pentiti, imprenditori che avevano denunciato il racket. Atti mai visti con questa sequenza e tracotanza. Un nuovo protagonismo sociale. Esercitato ricercando un nuovo consenso tra gli strati più delusi ed in difficoltà. Aspettando l'avvento del nuovo messia salvatore che, rinnovando un antico patto nel sud, tra stato e mafie riavvii un ciclo oggi inceppatosi. Riaprendo le discariche di proprietà degli antichi padroni, col consenso di una società ormai stremata. Un patto già visto in altri momenti della storia, l'ultimo fu negli anni '80 col post terremoto. Ci volle un decennio per riaprire una nuova fase. La nostra unica speranza è cercare di aprire un nuovo ciclo coinvolgendo ed ascoltando la società napoletana in un orizzonte di trasformazione. Convocando 10 assemblee nelle 10 municipalità di Napoli, tornando a Scampia, alle case nuove, a Forcella. Nei luoghi dove ampio è il disagio. Coinvolgere gli amministratori locali per avviare insieme questo confronto, sull'oggi per ciò che resta da fare, per domani per quello che va costruito. Per aprire una nuova prospettiva basata su tre pilastri. Partecipazione, perché ogni uomo ed ogni donna possa concorrere pienamente a questa impresa. Nuovo patto programmatico, per rilanciare l'efficacia di un progetto di trasformazione. Selezione di una nuova classe dirigente, che superi le stanchezze del presente ed affronti il futuro con la forza della speranza. E' importante farlo subito, proprio ora, mentre il ventre di questa bella città brucia.
Andrea Di Martino
Segretario Provinciale PRC - Napoli

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