Il Governo si valuta per ciò che propone, non per chi lo propone

Gennaro Migliore e Nichi Vendola
E’ concreta la discussione su un possibile cambio di governo. Matteo Renzi potrebbe assumere, in prima persona, la guida di un nuovo esecutivo. Si discute in queste ore della possibilità che anche Sinistra Ecologia Libertà entri a far parte della nuova compagine. Orbene, al netto delle mille variabili, che ancora esistono, affinché questa ipotesi si realizzi, il dibattito o meglio il non dibattito che si è aperto nel mio partito è a dir poco sconcertante. In primo luogo l’ipotesi di nuovo governo passa dall’accettazione indolore da parte dell’attuale premier, Enrico Letta, a farsi da parte senza opporre alcuna resistenza, e questo allo stato non è per nulla scontato. Già ora, prima quindi che un’ipotesi assuma i connotati di una proposta, in Sinistra Ecologia Libertà, si è aperto un confronto dai tratti veramente anomali. Da un lato i giornali parlano apertamente di possibili lacerazioni e scissioni, dall’altro Nichi Vendola, si affretta a dichiarare che SEL non può entrare a far parte di un esecutivo in cui c’è anche Alfano. Trovo difficoltà a ritrovarmi in uno schema così duale e a riconoscere il soggetto politico che pur ho contribuito a fondare con passione e impegno. Solitamente l’adesione a un governo si valuta in conformità a ciò che è contenuto nel programma sottoposto alle Camere per la fiducia. Se nell’agenda s’incrociano temi, punti, proposte che incontrano il nostro punto di vista, le battaglie su cui noi siamo impegnati nella società e nelle aule Parlamentari, si dà il proprio assenso, se questi non ci sono, si rifiuta la proposta. Così dovrebbe essere sempre e soprattutto oggi, quando la crisi economica sta lacerando e devastando il corpo sociale.
Evidentemente così non è, e questo mi preoccupa. Mi appare il quadro di un soggetto politico impaurito. Impaurito dal confronto con chiunque, anche con un partito di cui non si conosce la reale portata elettorale come quello di Alfano. Il centro della nostra valutazione non è la proposta, il programma da influenzare, determinare, da spostare più a sinistra nell’asse del governo, è la presenza o meno di gruppo politico. In questo modo ci rivolgiamo solo a noi stessi, accarezzando il sentimento conservatore che ci sta corrodendo. A me interessa poco di ciò che fa Alfano. Se Alfano accetta il reddito di cittadinanza, è un problema suo non mio la sua permanenza in un esecutivo. Se nel programma c’è l’abolizione della Bossi Fini e questa la vota anche il Nuovo Centro Destra, non è certo una cosa che deve preoccupare me. Chiudere tutte le nostre valutazioni alla presenza o meno di una forza politica, mi sembra solo una resa subalterna e un po’ minoritaria. Frutto di una collettività politica che tende ad assumere le proprie decisioni in conformità a una convenienza interna, piuttosto che a quelle del Paese. Di un soggetto che non ponendosi il tema della rappresentanza sociale pensa di poterne prescindere. Di una sinistra che assume sempre più i tratti del conservatorismo, negando se stessa nella propria missione del cambiamento praticato e non declamato. Avevo già notato tratti di queste caratteristiche in un dibattito congressuale che si era ridotto a un referendum Tsipras-Schultz, come se fuori non ci fosse il Paese. Oggi quest’ulteriore segnale mi preoccupa. Mi auguro che in questi giorni possa esserci una maggiore riflessione, una correzione di rotta. Me lo auguro e ho scritto questa nota affinché ciò avvenga. Sabato c’è l’assemblea nazionale e auspico che piuttosto che concentrarsi sulla formazione di un esecutivo, costruito, con il bilancino e le paure, si faccia questo dibattito e si faccia tenendo gli occhi e le orecchie rivolti fuori dalla sala in cui avverrà.

Andrea Di Martino 

Commenti