Il
31 marzo di quest’anno si sarebbe dovuto mettere la parola fine a una vergogna
dell’umano. Gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari italiani dovevano chiudere
definitivamente i cancelli e per liberare finalmente i 1.500 internati per
trasferirli in strutture adeguate alla loro cura.
Il
governo ha dovuto emanare una proroga di questa scadenza al 31 marzo del 2014,
perché il procedimento amministrativo, necessario per individuare le strutture
di cura, non era stato completato.
Avevo
assunto come primo impegno, qualora fossi stato eletto di assicurare a quegli
uomini dimenticati da Dio, il rispetto dei loro diritti. Ciò che la Corte
Costituzionale aveva sancito con una storica sentenza recepita dalla legge
italiana.
Io
non sarò in Parlamento, ma so che in quel luogo ci saranno uomini e donne
sensibili a questo tema. Mi affido a loro e in particolare ai miei amici e
compagni di SEL per vigilare e agire affinché il 31 marzo 2014 possa essere un
giorno in cui il nostro cuore possa sollevarsi da un’angoscia. Un giorno in cui
1.500 uomini e donne possano essere liberati da un inferno in terra.
Quell’inferno
che conoscemmo penetrando nelle viscere di S. Eframo a Napoli, dove incrociammo
gli sguardi disperati di persone bisognose di cure, che la società aveva lì
internato, sperando nascondendo loro dallo sguardo potessero essere anche
liberati dalle nostre coscienze.
So
bene che queste battaglie non producono consenso, neanche da parte dei diretti
interessati cui non è concesso il diritto di voto.
La
politica per me è questo, altrimenti senso non ha.
In
questo tempo dell’urlo e dell’apparire, di una materialità che soffoca l’umano,
ai miei amici e compagni di SEL chiedo ricordarsi di quegli uomini che avevamo
deciso di internare, le loro urla e i loro sguardi ci interrogano sulla qualità
della nostra democrazia.
Andrea
Di Martino
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