CAMORRA E CIBO (un anno prima di Saviano)


Scritto giusto un anno fa, prima di Roberto Saviano. Lo inviai a Repubblica Napoli che lo ritenne poco interessante e lo cestinò. Lo pubblicai così sul mio blog. 

Carciofo violetto
Wikileaks rilancia in questi giorni una amara verità per le genti campane.
La Camorra fa affari con il cibo spazzatura. Non è di certo una strabiliante verità.
La camorra, da Pascalone di Nola in poi, ha sempre brigato con i nostri cibi. Il boss, amante di Pupetta Maresca, era un mediatore ai mercati ortofrutticoli  e imponeva il prezzo della frutta e della verdura. Forse non la manometteva, ma di certo la mandava sulle tavole dei campani a prezzi maggiorati, lucrando sul lavoro dei laboriosi contadini vesuviani.
Poi i tempi sono cambiati, è mutata la camorra si è globalizzato il mercato, sono cambiati i nostri gusti e consumi. I clan hanno iniziato a fare impresa alimentare e quindi ad imporre i propri prodotti al mercato.
Cattivi caffè sono divenuti ben presto le miscele  più utilizzate dai bar della patria del nettare nero. Chi vuole ancora vendere buon caffè è costretto a comprare il sacchetto della Camorra per metterlo da parte e comprare le buone miscele per mantenere i livelli qualitativi.
Nella culla della grande mozzarella, i Casalesi impongono i loro prodotti fatti con il latte delle bufale allevate sui terreni inquinati dai rifiuti tossici.
I D’alessandro avevano invece ben pensato di aprire caseifici in Romania per poi rivendere, in Italia ed i Germania, quei pessimi latticini che spesso finivano sulle numerose pizze. Per non parlare del mercato delle carni controllato dal clan Cesarano e del pesce sotto il controllo dei Gionta a Torre Annunziata e dei Longobardi a Pozzuoli.
E così via sino ai pandori e panettoni del Natale e alle mele importate dalla Tunisia e maturate con elementi tossici. La camorra impresa alimentare trova buon gioco nella poca attenzione alla qualità del cibo, imposto dalla grande distribuzione.
Gli ipermercati hanno massificato il gusto, per cui il cattivo cibo rischia di divenire lo standard a cui i nostri palati si abituano.
dibattito su Camorra 
La crisi economica ha aggiunto ciò che mancava. La ricerca ossessiva del risparmio sui prodotti alimentari è divenuta una necessità vitale per sopravvivere. Nei discount è ordinario vedere pensionati, giovani precari, attente massaie frugare in cartoni dove sono ammassati i prodotti a pochi euro. Il latte, il pane, la pasta, i pomodori ed in quegli scatoloni a volte sono annidati i veleni che la camorra spaccia. Uscire da questa morsa, fatta di ipermercati e camorra, che sta soffocando una delle maggiori ricchezze della campania felix, è necessario per preservare la grande agricoltura di qualità. Un vero e proprio giacimento di delizie e grandi prodotti, che in questi anni, tra mille difficoltà e con gran coraggio, ha consentito il consolidarsi di una grande ristorazione di qualità e dei bravi e giovani produttori che hanno elevato sino al sublime le eccellenze alimentari campane.
Tornare al territorio e al prodotto per accorciare la catena distributiva e impedire lo svolgersi di speculazioni sui prodotti e sui prezzi è l’unico antidoto per non avvelenare il nostro animo, il nostro corpo ed il nostro territorio. La nostra terra produce grandi prodotti, la sapienza dei contadini del sud va valorizzata andando a comprare li dove con la fatica ed il sudore generano le leccornie per i nostri palati. Ci accorgeremo così di mangiare meglio, di spendere meno, facendo più ricca la nostra terra e evitando che la Camorra si rafforzi sulle nostre vite. 

  
Andrea Di Martino

Commenti