Stazione Termini chiusa il 14 dicembre 2010 |
Ieri si sono verificati due eventi, apparentemente diversi ma sostanzialmente dello stesso preoccupante segno.
Prima, il voto della consulta che ha respinto il referendum per abrogare la legge elettorale. Poi il Parlamento ha negato l'arresto di Nicola Cosentino, accusato di essere il referente politico del clan dei Casalesi.
Apparentemente sembrano due fatti non legati, è quanto affermano anche i commentatori più accorti.
Non è vero che i due fatti non stanno insieme. Pur venendo da due organi costituzionalmente differenti, entrambe le decisioni contrastano con il sentimento pubblico prevalente. Entrambe allontanano ancor di più le istituzioni dai cittadini. Entrambe le decisioni sono vento che spira su in incendio fatto di antipolitica e delusione che sta devastando la democrazia italiana. Entrambe son contro la voglia di partecipazione che si era sviluppata questa primavera. E' vero che le sentenze non si discutono ma quelle della Corte costituzionale non sono come tutte le altre, producono effetti politici che segnano la vita pubblica. Al di là di ogni considerazione giuridica che potrà essere fatta solo a sentenza depositata (e questo vale per tutti, anche chi oggi alza il ditino dicendo "l'avevo detto"), l'effetto politico che produce è devastante, dice, ad un milione e duecentomila italiani, che in estate hanno invaso i banchetti per dire no al Porcellum, la vostra richiesta di cambiamento non è nelle vostre mani ma in quelli dei vostri rappresentanti, il Parlamento. Volti pagina e guardi che accade in Parlamento, deputati oramai slegati dalla società, arroccati a difesa di se stessi e dei propri interessi, negano l'arresto di Nicola Cosentino, accusato di pesanti connivenze con la Camorra. Quel voto viene accolto con lazzi, applausi, baci, abbracci incuranti della ferita che quel gesto provoca in chi contro la camorra combatte, di chi quotidianamente deve fare i conti con mafia e 'ndrangheta. Come è costretto a fare proprio in questi giorni un giovane giornalista precario, Giovanni Tizian, che per scrivere contro le mafie del nord, ha dovuto rinunciare alla propria libertà di movimento e di vita perché è costretto ad essere scortato. Un contrasto pesante irreparabile, un solco che si apre tra speranze di cambiamento e azione delle istituzioni repubblicane. Come il 14 dicembre dello scorso anno, il contrasto tra la piazza e il Parlamento fu stridente, quella distanza invece di colmarsi si è allargata. E ad una società, che sperava nella crisi di poter cambiare, che sperava nel dopo Berlusconi come una nuova era, ieri le istituzioni della Repubblica hanno chiuso la porta in faccia. Con uno schiaffo al cambiamento!
Andrea Di Martino
Edgardo v Perindani : NON è affatto vero che le sentenze non si possano e non si debbano commentare dai cittadini che ne subiscono direttamente gli effetti oltremodo dannosi, sopratutto quando queste sentenze sono palesemente INGIUSTE e rivelano una generalizzata CORRUZIONE e/o ignoranza. A proposito della legge TRUFFA elettorale, per capirne di più, Guarda i video e gli scritti anche sul mio Sito web, basta scrivere su Google: Perindani .....Ciao
RispondiEliminaConcordiamo. Verrò a trovarti sul tuo blog.
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