Questo post è l'archivio di tutto il vecchio Blog

 Benvenuto sul mio Blog,
Qui potrai trovare i miei articoli di enogastronomia, considerazioni sugli avvenimenti politici, recensioni di ristoranti, racconti di viaggio, storie di uomini e di donne, potremo se vuoi, se ti va, confrontarci. E' un luogo aperto dove tutti sono benvenuti. Altresì è un luogo interdetto a chi non ha rispetto per l'altro da se.
E' una nuova avventura che inizia, spero possa lasciar traccia.
Baol

Ecco il mio primo articolo in tema enogastronomico, realizzato anche grazie alle ricerche fatte per il Forum del Gambero Rosso. E' stato pubblicato il 17/12/03 su Metropolis Magazine l'inserto mensile del Settimanale Metropolis che é distribuito nelle edicole della provincia di Napoli.
Le Festività natalizie sono senz’altro il periodo dell’anno durante il quale maggiore è l’attenzione alla gastronomia. Sia da parte di chi si prepara a celebrare le feste in famiglia, assecondando il più tradizionale degli adagi, sia per chi intende guardarsi intorno, scoprire nuovi posti e sfruttare il lungo periodo feriale per visitare gli incantevoli paesaggi Campani. M2 vuole così proporre un viaggio che parte da Vico Equense, piccola città, porta d’ingresso della Penisola Sorrentina, con una storica tradizione gastronomica, che negli ultimi tempi sembra essere esplosa, producendo risultati, successi, grazie alla concentrazione straordinaria di prodotti unici e capacità di inventare nuovi piatti che in questa oasi, celebrano il loro sposalizio. Qui c’è solo l’imbarazzo della scelta o per chi non vuole rinunciare a nulla la capacità di reggere ad un tour a tappe forzate, per provare manicaretti e prelibatezze preparati da grandi artisti della Cucina. Iniziamo con una piacevole novità segnalando al centro dell'orto di famiglia il ristorante Torre Ferano. Su una cantina dove si produce un buon vino, c'è questa piccola maison gestita dalla famiglia Staiano, generazione di casari e affinatori di quel giacimento gastronomico che è il provolone del monaco della Penisola Sorrentina. La cucina di questo locale è indubbiamente autorevole, guidata dallo Chef Giosué Maresca, uno dei pionieri della ristorazione di qualità in questa parte della Penisola Sorrentina. Le ottime materie prime usate completano il benessere di una visita in questo bel casale contadino, dove l'accoglienza è curata dal bravo e giovane Camillo, coraggioso patron, e dalla cucina tradizionale potrete assaggiare ottime zuppe, appassionanti paccheri alla genovese, terminando con caldi struffoli al miele di acacia. Il tutto per una spesa che non supera i 35 Euro a persona. Sempre sulle colline Vicane, in località Bonea, l’altra meta da visitare è l’Antica Osteria Nonna Rosa. La sede è in una dimora contadina del '700, che conserva cimeli e strumenti dell’arte contadina dei Monti Lattari. Ad accogliervi troverete Eduardo, anima indiscussa della sala, in possesso di armi peculiari di seduzione del cliente, che insieme a Peppe Guida (chef e patron) e Lella, sua compagna, compongono l'ossatura portante di questo locale. Sarete subito salutati dalla cucina con uno sfizioso apetizer ed un flute di bollicine. La cucina è corretta, potrete assaggiare dei buonissimi antipasti, polipi veraci fritti, un ottimo fiore di zucca ripieno di ricotta su salsa pizzaiola o un pantagruelico tagliere di salumi e formaggi, mozzafiato. Tra i primi, buono il croccante di riso al ragù di coccio, ottimi e freschissimi il pesce di secondo, così come gustosi sono i dolci. Il costo di un pranzo medio si attesta sui 38 euro vini esclusi e la cantina offre vaste possibilità di scelta. Una sosta, indispensabile per i gourmet, è quella da Salvatore De Gennaro, affinatore di formaggi, e selezionatore di grandi materie, che potrete trovare presso La Tradizione in località Seiano, qui oltre al Provolone del Monaco, prodotto dai casari Parlato o Staiano di Arola, e sapientemente affinati da Salvatore, si possono trovare i grandi formaggi italiani, le ottime carni, accanto ad uniche e selezionate bottiglie di grandi vini Campani, italiani ed esteri. E la cordialità di Annamaria compagna di vita del patron renderà piacevole la sosta e aiuterà a conoscere sapori e profumi inesplorati, permettendo di portarsi con se giacimenti gastronomici che renderanno grande la nostra tavola delle feste. E sin qui la Terra. Ora invece si entra nell’empireo dei grandi, l’olimpo degli idei Vicani, il circuito dell’alta ristorazione dove è indispensabile prepararsi ad una spesa che parte dai 60 euro vini esclusi, a persona, ma soprattutto per una emozione unica, memorabile. Parlando di Vico indispensabile è consigliare una visita al locale dello Chef emergente del momento, il giovane e simpatico Gennaro Esposito che, insieme alla compagna Vittoria Aiello, pasticciera piena di talento, gestisce la Torre del Saraceno. Quest’anno la Torre è stata insignita del massimo riconoscimento dalla Guida del Gambero Rosso, coronando gli sforzi e l’impegno di una giovane coppia che, con coraggio, conduce questo interessante ristorante. Sarete condotti per mano dai bravi Luciano e Ciro attraverso un percorso gastronomico che ha come base l’utilizzo di grandi materie prime, dal pesce freschissimo ai i fusilli artigianali fatti a mano da una brava artigiana Gragnanese, rispettati, manipolati con leggerezza e cura. Potrete così gustare piatti mitici come la zuppa di ricotta con triglie e ricci di mare, piatto che oramai è divenuto il simbolo di questo locale, o l’ultima creazione: gli gnocchetti ripieni di pomodoro essiccato, con anguille dei mari di Sicilia e profumo d’arancia. Un piatto che tende a tirare fuori dalle stanche secche delle elaborazioni tradizionali, l’anguilla, tipico ingrediente della cucina natalizia delle tavole napoletane. Il consiglio è quello di lasciarsi andare ad una lunga visita e ad una mirabolante esperienza, che si chiuderà con i delicati dolci di Vittoria cui non potrete rinunciare. Il consiglio che vi diamo è quello di chiedere infine a Gennaro, di visitare la bella cantina, racchiusa nei locali della Torretta saracena posta a mò di presidio di questo locale, dove sono conservati i vini che prima avete avuto modo di ammirare nella Enciclopedica lista. Poi non paghi, risiedete al tavolo, chiedete di servirvi un gran distillato e iniziate a conversare con Gennaro godendo ancora dei piaceri della sua maison. E se vi va, informatevi sul suo menù delle Feste, quando la cucina cambia, tornando alla tradizione rivisitata e alleggerita, potrebbe essere un’occasione irrinunciabile per godere di un grande pranzo di Natale o di un memorabile cenone di Capodanno, coccolati da una dolcissima famiglia del gusto. Altro Chef coronato quest’anno, per la prima volta, dalle tre forchette del Gambero è Antonino Cannavacciuolo, nativo di Vico ma che opera in quella splendida location che è Villa Crespi, che, ahi me! è ubicata sul Lago d’Orta. Anche se Cannavacciuolo promette di aprire tra qualche anno in località Ticciano un nuovo splendido locale che contribuirà ad arricchire l’offerta gastronomica Vicana. In ogni caso potrebbe essere una buona scusa per partire per qualche giorno e regalarsi una piacevole vacanza.


Per non dimenticare i morti di Madrid. Per dire No alla Guerra e No al terrorismo. Per chiedere il ritiro immediato delle truppe Europee dall'Iraq. Mi affido alle parole usate da Luis Sepùlveda.


PACE E GUERRA
Venite a Madrid
LUIS SEPÚLVEDAVenite a vedere il sangue per le strade di Madrid. Erano donne, uomini,
bambini, anziani, la semplice e pura umanità che cominciava un altro giorno,
un giorno di lavoro, di sogni, di speranze, senza sapere che la volontà
assassina di qualche miserabile aveva deciso che fosse l'ultimo. Venite a
vedere il sangue per le strade di Madrid, questa città amata in cui tutti
arrivano e tutti sono benvenuti. Venite a vedere gli appunti, i libri, le
cose sparse fra i resti del massacro. Venite a vedere un giorno morto e il
dolore di una società che ha gridato mille volte il suo diritto di vivere in
pace. Scrivo queste righe mentre ascolto i notiziari e posso solo pensare
alla tristezza delle aule, delle tavole, delle case a cui non ritorneranno
più quelle centinaia di cittadini, di fratelli e sorelle le cui vite sono
state stroncate in un miserabile atto di odio, perché l'unico obiettivo del
terrorismo è l'odio contro l'umanità, perché non c'è causa che possa
giustificare l'assassinio collettivo, perché non esiste idea che valga un
genocidio, perché non esiste giustificazione alcuna di fronte alla barbarie.
Venite a vedere il sangue per le strade di Madrid, assassini, e verificate
che sebbene è certo che ci avete sprofondato nel dolore, lo è altrettanto
che con questo crimine inqualificabile una volta di più non avete conseguito
nulla. Il valore dei madrileni che immediatamente si sono riversati a
soccorrere i feriti, a donare il sangue, a facilitare il lavoro delle forze
di sicurezza e di salvataggio, è stata l'immediata risposta morale di una
città fraterna, di una cittadinanza responsabile e solidale. Mentre scrivo
queste righe so che gli assassini stanno nelle loro tane, nei loro ultimi
nauseabondi nascondigli perché non ci sarà luogo sulla o dentro la terra
dove possano nascondersi e sfuggire al castigo di una società ferita. So che
guardano la televisione, ascoltano la radio, leggono i giornali per misurare
i risultati della loro codardia, l'infame bilancio di un atto che ripugna e
che ha trovato solo la condanna dell'umanità intera.
Venite a vedere il sangue per le strade di Madrid, venite a vedere il giorno
inconcluso, venite a vedere il dolore che lascia allibiti, a sentire come
l'aria di un inverno che si ritira porta il «perché?» per i parchi amorosi,
le fabbriche, i musei, le università e le strade di una città il cui unico
modo di essere è e sarà sempre l'ospitalità. Assassini; la vostra zampata
d'odio ci ha causato una ferita che non si chiuderà mai, però siamo più
forti di voi, siamo meglio di voi, e l'orrore non interromperà né piegherà
quella normalità civica, cittadina, democratica che è il nostro bene più
prezioso e il migliore dei nostri diritti.
Venite a vedere il sangue per le strade di Madrid, anche il cinismo di
quelli che hanno provato a lucrare sul dolore di tutti, di quelli che
manipolano le lacrime e la disperazione, di quelli che non vedono orfani,
vedove, esseri mutilati ma solo voti.
Venite a vedere il sangue per le strade di Madrid, di questa città che ha
gridato «pace» con voce unanime, e il suo grido è stato ignorato da un servo
dell'imperialismo nordamericano, da un lacché del signore della guerra che
pretende di governare il mondo, ed è solo riuscito a portare l'orrore in
Europa.
Venite a vedere il sangue per le strade di Madrid, il lavoro sereno di
medici e infermiere, il gesto triste dei governanti solitari, e anche il
sorriso infame di un buffone italiano, l'unico al mondo ad assecondare Aznar
con le sue menzogne. Venite a vedere il sangue per le strade di Madrid,
bagnateci le vostre mani e scrivere «pace» su tutti i muri della terra.




Sulla Manifestazione di Sabato 20 Marzo contro la guerra e contro il terrorismo. Dopo le polemiche che sono apparse sulla stampa, vi posto l'editoriale di
Rossana Rossanda apparso ieri su il Manifesto
Rissa da cortile ROSSANA ROSSANDACon un colpo magistrale un centinaio di sedicenti antagonisti e altrettanti dirigenti Ds sono riusciti a oscurare dal palcoscenico mediatico un milione o due di persone che sabato hanno sfilato a Roma contro la guerra. Erano gli uni e gli altri infastiditi dall'evento, che non avevano né organizzato né animato. Protagonista era quella società civile, così spesso evocata a vanvera, che da qualche anno si coagula e si articola in gruppi, associazioni ed elaborazioni diverse, si convoca in grandi appuntamenti su questioni decisive, e aggrega attorno a sé un'opinione vastissima, stufa di manipolazione, che scende per le strade. Che cosa diceva la manifestazione di sabato, inattesa per l'affluenza, calorosa, preoccupata, comunicante? Diceva a un anno dall'inizio della guerra in Iraq, che era stato un disastro, che aveva esiti infausti, che aveva moltiplicato il terrorismo e che l'Italia doveva dissociarsene senza equivoci, consegnando la gestione dei guasti all'Onu, alla quale va da sé che si potrebbe dare aiuto.

La manifestazione è stata sentita come intollerabile per il centrodestra, che l'ha accusata di tutto, compreso di essere nostalgica di Saddam, per il centrosinistra che dalla guerra del Kosovo in poi frascheggia alla Blair con interventi e occupazioni armate, per le smanie di protagonismo di alcuni giovani e meno giovani, che non rappresentano nessuno ma che cercano di inserirsi per scacciare coloro che considerano indegni di prenderne parte.

Né gli uni né gli altri erano in cima ai pensieri del grande gomitolo che si è andato srotolando da mezzogiorno in poi per ore e ore fino a riempire e svuotare un paio di volte il Circo Massimo. E che felicemente ignorava come verso le cinque, cioè a manifestazione inoltrata già da un pezzo, la direzione Ds, asserragliata nella sede di via Nazionale (i ds normali erano fluiti per conto proprio fra i manifestanti) decideva di inserirsi nel corteo standoci pochissimo, forse per non stancarsi o forse per non compromettersi troppo. Ma aveva trovato fuori della porta un centinaio di autoproclamati guardiani della rivoluzione che l'aspettavano per coprirla di ululati. Che è successo fra il ceto politico arrivato e quello aspirante tale? Le immagini consegnano alla storia qualche spintone e strillo, un Fassino verde in faccia, un breve accalcarsi e una sola immagine pulita, i giovani ds che avanzano con le braccia pacificamente alzate. Il segretario se la svignava offeso e coperto dalla polizia per una via laterale. I baldi antagonisti continuavano a spintonare i ds rimasti per cinque minuti, che sarebbero sprofondati nell'oblìo se la segreteria Ds non avesse diramato un drammatico comunicato che denunciava «l'aggressione squadrista» - scusate se è poco - e, come da tradizione, la attribuiva a un complotto di alleati ed eletti irriconoscenti. Miserabile. Sono seguiti il giubilo della destra, una pioggia di telegrammi di solidarietà a Fassino da An e compagnia, telegiornali in fibrillazione, Gad Lerner che scongiurava Luigi Ciotti a dissociarsi da Zanotelli e abiurare Strada, e consimili scemenze. Tempo un'ora, uno o due milioni di persone erano state azzerate al momento di andare sugli schermi e sulle prime pagine dei giornali.

Bel lavoro. Grave per il movimento per la pace? No. Non se n'era neanche accorto. Ma grave per la stampa parlata e scritta, che ne esce inaffidabile per la distanza fra quel che è avvenuto e quel che essa trasmette, per il manifesto servaggio agli inquilini del Palazzo, per l'inattendibilità come osservatore politico. E grave per la sinistra. Sia per quella radicale, cui non giova vedersi attribuita una manciata di estremismo primario, ma soprattutto per la sinistra che si vorrebbe di governo ed è sempre più impigliata nelle sue codardie, incapace di tenere una linea di opposizione e però desiderosa di nascondere dietro presunte aggressioni il suo anelito a schierarsi con Blair. Giorno per giorno precipita la sua capacità di rappresentanza. In Spagna, in grado di raccogliere la protesta di una maggioranza del paese, c'era il modesto Zapatero, da noi neanche quello.




 mio Regista preferito in rassegna a Napoli E' stata inaugurata ieri sera, all' Istituto di Cultura Francese Grenoble, la rassegna cinematografica europea " Cineuropa 2004", dedicata al grande regista francese Francois Truffaut, nel ventennale della sua morte.
   La manifestazione promossa dalla Provincia di Napoli e dalla Agenzia Metropolitana Napoletana per la Cultura, presieduta da Gillo Pontecorvo, si è svolta a Ponticelli quartiere della periferia orientale di Napoli.
    E' un' iniziativa importante - afferma il presidente della Provincia Amato Lamberti - che spero si possa ripetere. Napoli incontra il cinema internazionale  e quest'anno l' appuntamento è con Parigi. Inoltre l' iniziativa non si limita alla città , ma a due periferie, con le proprie realtà, Ponticelli per Napoli e Bercy per Parigi".
   "Ben venga la scelta di portare manifestazioni del genere in realtà  particolari - dice Gillo Pontecorvo - gli autori difficili dovrebbero essere portati a contatto con il grande pubblico. Il cinema è abbastanza popolare , mi pare che alcuni prodotti di più difficile fruizione dovrebbero essere più curati da chi li distribuisce, per diventare un arricchimento a livello più generale. "Non penso di esagerare - continua Pontecorvo - se affermo che il cinema italiano dia segni tangibili di inizio ripresa".
   La rassegna, in programma, dal 25 marzo al 3 aprile, avrà  luogo al cinema Teatro Pierrot.
   Saranno installate per strada e sugli edifici del quartiere, le fotografie di Luciano Ferrara, che "raccontano" i segni urbani e le trasformazioni di due periferie: Ponticelli e Bercy



elianto - Do il mio contributo alla discussione gastronomica:
LA PASSIONE DEL PANE
Elemento primordiale e dal profondo valore simbolico e religioso, alimento imprescindibile tanto richiedere un termine per definire l’”altro da sé” (companaticum), minimo comune denominatore gastronomico di tutte le culture del mondo (dal quello azzimo ebraico al “pane di sabbia” del Sahara, fino al naan indiano), il pane è e rimane soprattutto un cibo da gustare e oggi più che mai al centro dell’attenzione di ristoratori e gourmets. In Italia, dove è profondamente radicata la tradizione della panificazione come elemento culturale e gastronomico, abbiamo alcune delle tipologie di pane più interessanti e di antica origine, oggi fortunatamente preservate da appositi Consorzi e Disciplinari DOP, anche se non sempre ciò riesce ad evitare operazioni commerciali molto vicine alla truffa del consumatore, forse peggio dell’omologazione in nome della baguette.
Uno dei luoghi ad alta densità di tradizioni dell’arte della panificazione e dei relativi prodotti, è la zona dei Castelli Romani, nel Lazio, dove troviamo il famoso pane di Lariano, semi integrale e dal gusto rustico e deciso, e il famoso pane di Genzano, più delicato, la cui storia affascinante ci risposta ad un glorioso passato fatto di principi e Papi, e di meno fortunati eventi bellici.
Ma qual è l’ingrediente fondamentale per fare un pane saporito, croccante ed invitante come quello di Genzano? Ascoltando Sergio Bocchino, detto Fischiò, proprietario di uno dei pochi forni a legna ancora rimasti in paese, guardandolo mentre parla del “suo”pane e della sua vita ad esso inscindibilmente legata, non c’è dubbio: è la passione.
La stessa passione che nel difficile periodo del Dopoguerra spinse il padre, Eligio (detto anche lui Fischiò) a caricarsi i sacchi di pane sulle spalle per portare questo incredibile pane dalla crosta color oro nella Capitale, dove divenne in breve tempo uno dei più richiesti ed amati dai romani.
Una passione che è stata a volte un peso, a cui ha cercato invano di sfuggire, a cominciare dal momento in cui, nel giorno del suo diciottesimo compleanno, il padre lo arruolò forzatamente nel suo forno, portandolo via dalle serate con gli amici e le domeniche di festa verso una vita di sacrifici ma anche di grandi soddisfazioni.
Oggi è infatti uno dei promotori e soci più attivi del Consorzio che raccoglie 13 forni ( di cui purtroppo solo 3 ancora a legna) del Comune di Genzano dove si fa questo pane DOP dal sapore e dall’odore, inconfondibile. E’ l’odore, infatti, la prima cosa che colpisce arrivando a Genzano.
Ogni giorno, infatti, a partire dalla prima infornata, per tutto il paese si diffonde il profumo del frumento misto a quello caldo e avvolgente del legno di castagno che brucia nei forni a legna, proprio come avveniva già nel ‘600, quando il principe Cesarini Sforza, accanto al cui palazzo sorse il borgo, offrì questo pane al Papa, che ne rimase decisamente soddisfatto.
Nell’800, a Genzano, il pane fu addirittura protagonista dei moti di rivolta guidati dai fratelli Pace e Tempesta, contro il razionamento del grano per la panificazione.
Certo, i tempi sono cambiati, e oggi sono rimasti in pochi a preparare il pane in casa, come avveniva ancora fino alla fine della guerra, quando le donne preparavano le pagnotte mettendovi un segno di riconoscimento (un fagiolo, un rametto, una patata, buonissima poi da mangiare con un filo d’olio, perché non era certo periodo di sprechi, quello…) per riconoscerle dalle altre della stessa infornata,e le portavano ai cosiddetti “forni a socce”, dove altre donne, essendo gli uomini impegnati in più tristi affari, provvedevano a cuocerlo a regola d’arte.
Anche la vita dei panificatori e dei fornai, oggi, è un po’ meno dura. I ritmi della vita moderna, di solito più frenetici, hanno imposto le loro regole.
Non si può prescindere dal tempo dedicato al loisir (e al consumo), e così turni di lavoro e giornate di panificazione si sono ridotti (da 365 all’anno si è passati a circa 310, lasciando liberi il sabato e le feste comandate).
Le impastatrici hanno sostituito la parte più dura del lavoro, i forni elettrici si sono affiancati a quelli a legna. Anche la distribuzione si è ampliata oltre il territorio di Genzano ed è decisamente più organizzata e comoda dei tempi di Fischiò padre. Ma quello che non è cambiato, ci rassicura Bocchino, è il sapore di questo pane antico e semplicissimo, il cui segreto è, oltre che nella sapiente lavorazione tramandata di padre in figlio, negli ingredienti previsti nel Disciplinare della DOP ottenuta nel 1992 (le cui maglie un po’ troppo larghe sono causa di non pochi malumori e dissidi interni): La farina di tipo 0, che ne garantisce la morbidezza e il bel color nocciola della mollica; l’acqua, in proporzione del 70% della farina utilizzata, che evapora naturalmente durante al lievitazione e la cottura permettendo al pane di mantenersi buono fino a 10 giorni; la doppia lievitazione ottenuta da una base di pasta madre acida, residuo della panificazione precedente, in un ciclo pressoché ininterrotto tranne che nell’intervallo tra l’ultima infornata del giorno e la prima del mattino dopo, durante il quale si lascia la pasta madre a “fare la guardia”.
E , soprattutto, il cruschello, la buccia del grano ricca di fibre e di sapore che, invece di essere buttata è utilizzata per ricoprire le pagnotte prima dell’infornata al posto della farina.
Il risultato è un pane dalla mollica morbida e saporita, con i buchi creati dall’aria, sviluppatasi durante la lievitazione naturale, perfettamente distribuiti e dalla crosta croccante, con il suo colore scuro dato dal cruschello.
Un pane che mangiato caldo, appena sfornato, con una fetta di mortadella o della porchetta locale, è davvero una tentazione a cui è difficile resistere.
Con il passare dei giorni, la mollica si fa compatta, la crosta più morbida, l’odore di frumento più intenso, ma il pane non è certo meno buono; entra anzi a far par parte di alcune ricette tradizionali, come il pan cotto (zuppa a base di aglio, olio, pomodoro e pane raffermo) o la zuppa di broccoletti con pancetta e pane vecchio di qualche giorno.
D’altra parte, basta pensare che in un tempo non tanto lontano i forni si vedevano costretti ad avere sempre delle pagnotte del giorno prima, per assecondare le richieste delle accorte donne di casa, le quali sapevano bene che se avessero portato a casa il pane appena sfornato, sarebbe scomparso in un batter d’occhio!
Oggi, vale la pena andare a Genzano (magari in occasione della tradizionale Festa del Pane che si tiene nella seconda domenica di settembre) per assaggiare questo pane caldo e fragrante, appena uscito dal forno, lasciandosi guidare dall’odore che pervade il paese fino a uno dei tradizionali forni a legna, per concedersi il lusso, semplice e antico, di riscoprire un sapore che ha deliziato da centinaia di anni Papi e contadini.]]>
1 - -


Un grande vino campano Taurasi 1999 di Perillo, un vino intenso, robusto e potente, colori amaranto sentori di frutti rossi, in particolare visciole, al palato lungo e persistente.
Prodotto dalla azienda agricola Perillo in Castelfranci (AV) è a mio avviso uno dei migliori Taurasi mai prodotti. Castelfranci è una zona dove l'aglianico da il meglio di se da sempre, tant'è che per certificare la qualità dei propri vini se si diceva che le uve provenivano da "Castill 'e Franci" era di per se un marchio di qualità tra i produttori. Le viti in questa zona sono antiche, peccato che la produzione di questo vino è molto limitata. Comunque per chi volesse cimentarsi nella ricerca:
Azienda Agricola Perillo di Romano Annamaria - C. Da Valle 19 Castelfranci (Av) tel 082772252



I soldati italiani a Nassiriya hanno sparato su ordine del comando angloamericano per sgomberare un ponte occupato da milizie irachene, hanno fatto almeno 15 morti e a loro volta hanno riportato 12 feriti. Il leader sciita Moqtada al Sadr sostiene che tutte le truppe di occupazione devono lasciare i centri abitati perché è in pericolo la vita della gente comune. E' una domanda persino ragionevole. Non sappiamo come andrà a finire. Intanto è caduta la favola di una presenza italiana pacifica e pacificante. In un paese occupato qualsiasi contingente agli ordini della coalizione occupante è in trincea, può essere attaccato e aver ordine di attaccare. I nostri governanti sarebbero più onesti se lo dicessero, invece che sfilare davanti al video per mandare con aria compunta ai nostri ragazzi una solidarietà che non gli servirà molto. O essi sono là, come ha detto brutalmente il premier, per aggredire ed essere aggrediti, e ben pagati per questo, o se mossi da più nobili intenti si sono trovati nella tenaglia fra l'esercito degli Stati Uniti e un paese che non ne vuole sapere. Né i sunniti già fedeli a Saddam né gli sciiti che, si diceva, sarebbero stati felici di essere liberati; si gonfiano le milizie di uomini armati, come se in tutto l'Iraq covassero ed esplodessero vulcani di collera. Ieri l'Italia ha avuto i suoi feriti, gli Stati Uniti il loro quotidiano stillicidio di morti.

La guerra di Bush, che pareva rapidamente vinta, si è trasformata in una guerriglia dalla quale non sa più come cavare i piedi. Corre di bocca in bocca una parola: Somalia. Anche questa impresa di un Occidente militarmente invincibile ma ottuso e disinformato dovrà subire lo stesso destino, ritirarsi lasciando ferite da tutte le parti, e portandone sul suo corpo? Difficile dirlo: per ora Bush e i suoi fedeli Berlusconi e Fini clamano che non se ne andranno mai. Ma Bush ha manifestamente voglia di farlo, passando la patata bollente all'Onu, che altrettanto manifestamente non ha voglia di prenderla. E difficilmente lo farà senza avere delle garanzie, prima di tutto l'allontanamento di americani e inglesi dal comando - che sarebbe per loro uno scacco forte - e l'individuazione degli interlocutori con i quali trattare, e non sono certo il governo fantoccio cui Bremer dice che passerà i poteri il 30 giugno. Gli iracheni non hanno motivo di riconoscere l'Onu come parte terza, e lo hanno provato attaccandone la delegazione a Baghdad.

La verità è che gli Usa non hanno fatto che accumulare sbagli con l'Iraq, quando lo hanno lusingato e quando hanno creduto di metterlo facilmente a terra. Quel che di peggio aveva preveduto chiunque avesse un poco di sale in zucca è avvenuto e superato. Non ci poteva essere manovra più rozza. Il terrorismo che doveva esserne l'obiettivo è più forte di quando attaccava le due torri, nella strage di Madrid non ha avuto neppur bisogno di tecniche sofisticate. Perfino in campo repubblicano crescono le critiche a George W. Bush, resiste impavido il nostro governo, il solo ormai con Blair che non riesca a ragionare, a tirare la più semplice conclusione da causa ad effetto; rispettosamente in coda alla Casa Bianca corre ad alimentare l'incendio dolendosi poi delle fiamme. Adesso non è il momento di lasciare l'Iraq? Non era mai il momento di andarvi. Ritirare il contingente italiano sarebbe solo prova di buon senso. E lavorare perché l'Europa si attivi per la fine dell'occupazione prima di essere travolta anch'essa sarebbe una prova di intelligenza. Ma questo è chiedere troppo.


Dopo due anni di scontri è crisi a Castellammare di Stabia: Prc e Ds fuori dalla giunta

Le ragioni del nostro dissenso


Si dimettono 17 consiglieri e tutti a casa. E' finita in questo modo la travagliata esperienza di Ersilia Salvato come sindaco di Castellammare di Stabia. Dopo due anni di polemiche e scontri aspri.
Da subito la Salvato esclude dalla formazione della giunta il Prc ed Udeur che l'avevano sostenuta in campagna elettorale. L'attacco alla sinistra è il biglietto da visita con cui si presenta alla città. Oggetto di quest'attacco, nelle dichiarazioni del primo cittadino, sono i Ds (dove la maggioranza è del correntone) e Rifondazione accusati di non averla sostenuta. Nel pieno delle polemiche, il sindaco elabora un libro bianco, puntando l'indice contro l'amministrazione precedente (un centrosinistra con Prc guidato dal Diessino di sinistra Catello Polito) di malgoverno.

La Salvato tenta di rendere più stabile il quadro amministrativo favorendo il passaggio di alcuni consiglieri dal centrodestra al centrosinistra. Tra di questi c'è anche il consigliere eletto nell'Udc, Antonio Iovino, indagato per le tangenti dell'USL 35, che aderisce alla Margherita. La reazione delle forze di sinistra scatta immediata, ma il sindaco procede incurante per la sua strada. Quasi in contemporanea, lo scorso anno, dopo contrasti con l'intero consiglio comunale accusa la sua maggioranza di usare un linguaggio mafioso. La domanda che questi ponevano al sindaco in un documento era: "In nome di chi vuoi governare, gli interessi di quali ceti intendi rappresentare? ". A queste dichiarazioni segue una lunghissima crisi. Il 28 luglio scorso 14 consiglieri comunali tentano, attraverso la strada delle dimissioni, di chiudere questa esperienza di governo. Il tentativo fallisce, e prima della pausa estiva la Salvato vara una nuova giunta. Nel nuovo esecutivo entra un assessore del Prc, il responsabile provinciale degli Enti locali Francesco Manna, restano fuori, invece, i Ds. Da subito, Rifondazione dichiara che il suo ruolo in giunta è quello di favorire una ricomposizione di tutta la sinistra. Lo stesso Manna oggi dichiara: «Eravamo preoccupati della deriva populista che stava contaminando l'esperienza Salvato, volevamo impedire un'uscita a destra della crisi che stava attraversando il centrosinistra stabieseõ». Della nuova giunta fa parte anche Annamaria Carloni, che vi entra come rappresentante dell'associazione Emily. La ricomposizione tarda a realizzarsi, gli scontri continuano e sul piano delle politiche di governo si avvertono i primi segnali preoccupanti. Sulle questioni dello sviluppo c'è una repentina inversione di tendenza. Si prediligono i project financing, concordati con Acen e Regione Campania, a scapito di scelte già adottate dal consiglio che prevedevano l'uso di Società di Trasformazione urbana a maggioranza pubblica. Il cambio di programma, le forze politiche di maggioranza e consiglieri lo apprendono durante un convegno. «Era un'improvvisa e dannosa inversione di rotta, che favoriva l'accordo con i poteri forti, tagliando fuori il consiglio da qualsiasi possibilità di controllo democratico - dichiara Peppe De Cristofaro segretario provinciale di Rc a Napoli - paradossale poi che questo patto scellerato, era fatto passare come una scelta partecipata, in quanto annunciata in un convegno. Oggi deve essere mantenuta alta l'attenzione sull'area portuale, interessata dall'intervento. Li si concentrano gli interessi delle forze non sane della città, che s'intrecciano con quelli di qualche consigliere vicino al Sindaco», conclude De Cristofaro. Il tentativo di correggere quest'impostazione è esercitato proprio in sede di formazione del bilancio preventivo. La maggioranza del centrosinistra converge su alcuni emendamenti miranti a riportare la discussione sulle scelte di sviluppo nella sede consiliare. «Vogliamo portare fuori dalle stanze dei pochi oligarchi, la discussione sul futuro dei cittadini stabiesi - dichiara Ciro Balia capogruppo di Rc a Castellammare - in piazza il sindaco porta argomenti demagogici, nelle segrete stanze contratta con i poteri forti il destino della città». Gli emendamenti passano in consiglio e la reazione del sindaco è quella di non votare il suo bilancio di previsione. Scaricando sui partiti accuse pesantissime. Questo provoca le dimissioni degli assessori di Rifondazione, dei Verdi e dello Sdi. La risposta del sindaco è la loro sostituzione immediata con donne appartenenti all'associazione Emily ed uomini a lei vicini. Le intenzioni sono chiaramente quelle di completare il progetto di democrazia senza partiti. Attraverso una forte alleanza con le lobby di Emily e Diametro, per fare di Castellammare un laboratorio sperimentale. Un'uscita a destra dalla crisi della rappresentanza, che annulla il "fastidioso orpello" del confronto nell'assemblea elettiva. Un laboratorio locale con rischi di espansione più ampia. Il resto è cronaca di questi giorni. Lo scontro si consuma dopo una lunga e tesa seduta consiliare, durante la quale l'unica forza che resta al fianco del sindaco è la Margherita, che a Castellammare annovera tra le sue fila il consigliere Iovino. Fortemente interessato alla trasformazione dell'area portuale. Neanche un tentativo fatto nella notte precedente dallo stesso Bassolino, riesce a ridimensionare le pretese del sindaco di procedere prescindendo da una maggioranza consiliare. L'esito è inevitabile 11 consiglieri di maggioranza (2 Ds, 2 del Prc, 1 Verde, 2 Socialisti, 2 dell'Udeur e 2 consiglieri fuoriusciti dalla Margherita), 4 facenti capo a liste civiche di centro e 2 consiglieri di Fi rassegnano le loro dimissioni nelle mani del segretario generale. Il consiglio è già sciolto quando, in modo provocatorio, l'unico consigliere di An rassegna le proprie dimissioni.

Andrea Di Martino



La pancia del C-130 si apre e mostra agli occhi in lacrime dei suoi cari la bara di Matteo Vanzan avvolta nel tricolore. C’e sole sull’aereoporto di Ciampino. Un sole che non scalda i cuori. Troppo il dolore per quella giovane vita volata via per quella “missione di pace” . Una missione che a Matteo Vanzan, 23 anni, lagunare di Camponogara, cominciava a non piacere più. “Lui voleva tornare” , ha sussurrato tra le lacrime Pamela Amadio la sua fidanzata. La giovane, castana in jeans e giacca nera, è assieme ai familiari di Vanzan. Sorregge con il braccio la madre del suo Matteo, Lucia. Bionda con un maglione chiaro, gli occhi e il volto segnati da un dolore interno, forte, come solo può essere il dolore per un figlio che se ne va a 23 anni, in un maledetto giorno di maggio. Enzo Vanzan, il padre, cela gli occhi dietro scuri occhiali, ad accompagnarlo c’è il Presidente della Repubblica. Ciampi è voluto essere a Ciampino per rendere omaggio alla salma del militare ucciso a Nassirya. Ha interrotto la convalescenza a Castel Porziano per essere qui in nome di tutti gli italiani. Il Presidente si avvicina alla bara in silenzio, poggia la mano sul tricolore e forse prega. Intorno alla salma si stringono anche Pamela, Lucia ed Enzo, piangono avvolti da un silenzio profondo. Intorno a loro gli uomini in divisa, i colleghi del caporale Vanzan, i suoi superiori, osservano il feretro avvolto dalla bandiera nazionale. Una immagine che si era abituati a legare al triste rito del ritorno a casa dei caduti americani. Oggi quel rito penetra i nostri militari, rendendo mesto questo pomeriggio romano. Sulla pista dell’aereoporto di Ciampino oltre che dal Presidente Ciampi e a sua moglie Franca, lo Stato italiano è rappresentato dal Presidente della Camera Pier Ferdinando Casini. Il governo dal Vice Presidente del Consiglio, Gianfranco Fini. La bara di Vanzan era partita alle 8.50 dall’aereoporto di Tallil in Iraq. A Nassirya lo avevano salutato, commossi, i suoi commilitoni per l’ultima volta. Il feretro era stato accompagnato all’aereo, dopo la messa celebrata dal cappellano militare, da un picchetto di lagunari e da una rappresentanza di tutte le forze del contingente. In testa il comandante Gian Marco Chiarini. Alle 16.01, il C-130 è atterrato a Ciampino. Solo pochi minuti di sosta e poi la salma è stata trasportata all’istituto di medicina legale dell’Università La Sapienza, dove sarà eseguita l’autopsia. Qui ad attendere Matteo Vanzan, sul piazzale del Verano, una folla silenziosa e commossa. Solo giovedì prossimo a Venezia si terranno i funerali del giovane militare, in forma privata. Il rito funebre sarà aperto alla partecipazione delle autorità dello Stato. Un ultimo saluto di una Nazione che aveva mandato Matteo, e tanti altri giovani in Iraq, a portar pace. Quei ragazzi si sono trovati ad operare in uno scenario di guerra. Sotto il comando delle truppe angloamericane, considerate dagli irakeni forze occupanti. Una realtà differente da quella ipocritamente posta a fondamento di questa missione. Una realtà in contrasto con i nostri principi Costituzionali. Una realtà di orrore e guerra, di occupazione e morte. Oggi questa, che è una guerra, continua ad essere chiamata dal nostro governo “missione di pace”. Un’ assurda avventura per cui il giovane Matteo Vanzan ha incontrato la morte, a 23 anni, in un giorno di maggio. Una vita che nessuno potrà più restituirgli, tanto più il grado di caporal maggior riconosciutogli oggi. Quante volte la pancia di quel C-130 dovrà aprirsi ancora sulla pista di Ciampino restituendo bare, affinché il Governo italiano si decida a ritirare i nostri ragazzi dall’Iraq?


Voleva solo lavorare Antonio. Il suo lavoro, il cuoco. Aveva scelto di farlo prima su una nave da crociera, poi aveva deciso di andare in Arabia Saudita. Non portava armi con se. Le uniche armi: i suoi coltelli da cucina. Le usava per far da mangiare. Erano i suoi attrezzi da lavoro. Era nato in una terra dove il lavoro non c'è. Aveva deciso di non arrendersi. Aveva scelto di costruire da se il suo futuro. Ha trovato la morte per mano di barbari assassini. Hanno stupidamente usato Antonio per mandare un messaggio ad un altro stupido uomo. Ma cosa c'entrava questo giovane lavoratore con questa assurda guerrà? Oggi nessuno propone funerali di stato. Nessuno osanna al giovane eroe. Antonio Amato è il mio eroe, l'eroe della dura fatica, carne e sangue della grande etica del lavoro. Onore a questo giovane lavoratore, perché il suo sacrificio ci spinga a combattere questa assurda spirale di violenza. Baol70


La Storia
In località Montechiaro, a Vico Equense, sorge, dal 1948, questo piccolo frantoio. Impiantato da Nicola Ferraro che, trasferitosi qui, acquistò un appezzamento di 2 ettari di uliveto e aveva il problema della molitura. I frantoi di Vico Equense e di Piano di Sorrento erano troppo lontani per le difficoltà di trasporto dell'epoca. Così decise di impiantare una grossa ruota molitoria di pietra vesuviana trainata dal suo asino. Negli anni 50 il figlio Vincenzo continuando l'opera del padre ammodernò gli impianti diventando punto di riferimento per tutti gli olivicultori della zona. Oggi la terza generazione della famiglia Ferraro, Nicola e sua moglie Pia Indovino rinnovando la tradizione hanno deciso di produrre un olio di alta qualità.

7 Luglio 2004 Oggi inizia una mia nuova avventura. Apre Terrazza "On" the bay. Una meravigliosa terrazza che da sulla piccola baia di marina di Seiano, a Vico Equense.
La sperimentazione di un percorso, la verifica di un sogno. Condotto insieme a qualche amico. Speriamo!
]]>
2 - - elianto http://troppobuono.splinder.it - 2004-07-14T14:33:50+00:00 0 - - Baol70 http://baol70.splinder.it - 2004-07-16T15:14:33+00:00 0
- - <![CDATA[Un intervento a difesa dell'oratorio]]> 2844685 1 2004-09-03T16:08:16+00:00 2004-09-03T16:10:04+00:00 - Baol70 -


Salviamo l’oratorio dei Salesiani a Scanzano. Non sembri una contraddizione, io laico e comunista difendo quell’esperienza. Ho vissuto in quei luoghi tre magnifici anni della mia gioventù. Giocavo a Basket nella squadra dell’oratorio guidato da Don Nando Pellino alla fine degli anni ottanta. Gli anni del riflusso individualista che segnarono la fine di un’epoca e l’apertura di una nuova fase. In contrasto con ciò che stava mutando nel contesto sociale, quella per me fu una forte fase d’impegno collettivo. Un’esperienza unica di scambio socio culturale. All’epoca, a ridosso dei campi da gioco, era collocato il campo container che ospitava ancora i senzatetto del terremoto del novembre ottanta. L’attività della squadra in cui giocavo si divideva tra gli allenamenti, le partite e l’avviamento all’attività sportiva per i ragazzi del quartiere. Un rione difficile, pieno di contraddizioni e problemi da risolvere. Nella condizione di povertà e disagio nelle famiglie, l’oratorio era un punto di riferimento. Un luogo alternativo alla strada, maestra di vita ma anche d’irreversibile devianza sociale. Una devianza che portava direttamente verso l’adesione a modelli e sistemi camorristici. Ricordo gli sproni di Don Nando, che ci chiedeva di dare sempre di più a quei ragazzi. A donare loro l’insegnamento dello sport ma anche un modello altro di società, un modello di solidarietà e rispetto delle regole. Era l’unica richiesta pressante fatta a me e a quei tanti che, come me, avevano scelto di frequentare quell’oratorio, pur non essendo cattolici. Di quegli anni serbo con me un bagaglio infinito d’esperienze e d’emozioni ricevute. Mi resta il rammarico di aver preso tanto e forse lasciato poco. Certamente molto meno di quanto avrei potuto dare ancora. Il trasferimento di Don Nando coincise anche con l’allontanamento da quell’esperienza. Ho rivissuto, insieme a tanti giovani provenienti da tutta Italia, giorni intensi in quell’oratorio, qualche anno fa in occasione del Campo nazionale anticamorra di “Libera”, promosso dal Comune di Castellammare. Fu quello un evento di forte contenuto culturale e politico. Alla scelta di tenere quell’appuntamento nell’oratorio di Scanzano, contribuii nella funzione di consigliere comunale e il successo dell’iniziativa confermò l’indispensabilità di quel luogo, non solo per il quartiere ma per l’intera città di Castellammare. Oggi leggendo da Metropoli (quotidiano a diffusione locale che per primo ha pubblicato la notizia nda) le notizie di una possibile vendita dell’intero complesso dei Salesiani, con l’annesso oratorio, ai privati mi sono ritrovato in completa sintonia con la richiesta di salvare l’oratorio che viene da quelli che, sul giornale sono solo nomi, ma che per me rappresentano volti noti ed amici. Nessuno di noi oggi può impedire quella vendita, nessuno può impedire la trasformazione del complesso dei Salesiani in struttura alberghiera, nell’ambito dei vincoli urbanistici ed ambientali. Possiamo però chiedere che sia salvata l’esperienza dell’oratorio. Già con lo scorso bilancio approvammo in Consiglio Comunale un emendamento a firma del consigliere Sollo (consigliere comunale Udeur di Castellammare di Stabia nda), che prevedeva fondi per l’attività degli oratori. Oggi c’è bisogno di uno sforzo in più. Il Comune potrebbe acquistare la struttura sportiva. In alternativa, si può chiedere ai privati che acquistano di lasciare quegli spazi alla città a fronte d’oneri d’urbanizzazione per l’intervento da realizzare. Per fare questo c’è bisogno di una forte mobilitazione della città, del quartiere, di quanti quei luoghi li hanno frequentati o semplicemente li amano. Perché Castellammare non disperda un patrimonio, una ricchezza, un’infinita risorsa. La risorsa della solidarietà. Perché non si perda di vista che le ricchezze non sono solo quelle materiali.

Andrea Di Martino


La democrazia partecipata, intesa come una regola altra di gestione nell’ente locale, che passa per il riconoscimento di un ceto politico-amministrativo emergente che alimenta la propria cultura politica e la propria esperienza, in un quotidiano a corpo a corpo con l'innovazione del governo del territorio. In questo contesto la partecipazione dei cittadini non è riservata in modo esclusivo ai soggetti organizzati della società civile, ma deve essere promossa anche attraverso strumenti di democrazia diretta nell’elaborazione delle scelte, che presuppongono una riorganizzazione dei rapporti tra cittadino ed amministrazione che favorisca la conoscenza del quadro normativo, politico e finanziario che determina le modalità di gestione corretta dell’ente. L’esatto contrario, insomma, di una democrazia plebiscitaria che prima assume le scelte e poi le sottopone all’ovazione delle assemblee impotenti.
La tutela dei beni comuni, intesa come salvaguardia e valorizzazione di ciò che è di tutti. Affinchè ciò che è della città non diventi solo un peso sui bilanci del comune ma si trasformi in una risorsa, produca insomma un reddito sia esso materiale sia sociale. In questo quadro Rifondazione ha posto alla GAD:
- Il tema della riappropriazione del mare e della costa attraverso la realizzazione del progetto redatto dall’arch. Fuksas per il recupero del litorale stabiese;
- La necessità di una riqualificazione e ristrutturazione degli insediamenti abitatitivi pubblici nelle periferie della città;
- La pratica della politica dei vuoti in urbanistica realizzando ampi spazi da destinare a verde pubblico
- La tutela degli edifici pubblici del centro antico da ristrutturare e destinare a funzioni sociali.
Lavoreremo affinché queste proposte entrino a far parte del documento programmatico in elaborazione. Sarà questo il vero motore della Grande Alleanza Democratica. E l’uomo o la donna che meglio saprà interpretare, con spirito unitario, il forte bisogno di democrazia che attraversa la società stabiese, guiderà la coalizione alla vittoria elettorale.
Andrea Di Martino





CANTINE TORRE FERANO
via R. Bosco, 810 Vico Equense (Na) Loc. Arola
Tel. 0818024786 - 3396895701 (Camillo)
Chiuso Martedì
Coperti 40
Prenotazione Obbligatoria
prezzo 34 Euro Vini esclusi
Valutazione: Buona segnalazione

Al centro dell'orto di famiglia, su una cantina dove si produce un buon aglianico, c'è questa piccola maison gestita dalla famiglia Staiano, generazione talentuosa di casari e affinatori di quel giacimento gastronomico che è il provolone del monaco della Penisola Sorrentina.
La vista che si gode da qui è mozzafiato e la terazza nelle serate estive deve essere senz'altro un luogo memorabile.
La cucina di questo locale è indubbiamente autorevole, guidata dallo Chef Giosué Maresca, uno dei pionieri della ristorazione di qualità in questa parte della Penisola Sorrentina, che dopo le alterne vicende del ristorante "San Vincenzo" (prima a Montechiaro e poi a Vico Città), è stata per noi una gran gioia ritrovarlo all'opera in questa coraggiosa iniziativa.
Le ottime materie prime usate completano il benessere di una visita in questo bel casale contadino, dove l'accoglienza è curata dal un bravo e giovane Camillo, coraggioso patron. 
La Cantina è ancora in costruzione, le etichette offerte si contano sulle dita di una mano, ma in compenso è di buona beva l'aglianico offerto come vino della casa, che tale è veramente in quanto prodotto direttamente dall'azienda di famiglia (Durante la mia visita era in corso la lavorazione).
Siamo partiti con un pantagruelico antipasto composto da una squisita provola, dell'ottimo salame napoletano prodotto in loco, una buona frittata di cipolle e delle verdure dorate e fritte alla Parmigiana.
La costante di questo locale è la preparazione quotidiana, di una gustosissima zuppa, che nel mio caso era composta di cavolo verza e fagioli cannellini, accompagnata da una fragrante torta rustica alla ricotta e salame.
Come primo piatto, ci siamo lasciati tentare dal profumo di un sugo alla genovese proveniente dalla cucina, con cui lo chef ha condito dei paccheri di Gragnano, e solo per assaggiare, abbiamo ordinato una porzione di maltagliati porcini e ceci anche essi ottimi.
Già soddisfatti e satolli abbiamo ordinato, come secondo, una tagliata di arrosto di vitellone, e il fatto che il taglio portatoci era di quelli da me particolarmente apprezzati, che in zona viene definito "arrosto di paranza sotto il pettine", ha confermato il giudizio positivo su questo locale, la carne era di ottima qualità e la cottura rispettosa (cosa non scontata da queste parti).
Abbiamo chiuso con i dolci cannoli alla ricotta (ottimi) e praline di castagne e cacao (solo buone) , rinunciando all'assaggio del Provolone che rinviamo ad una prossima visita.
Il conto per quattro 155 Euro in un locale che ha un ottimo rapporto qualità prezzo e che è destinato a fare molta strada, un luogo da visitare insomma e da cui si esce soddisfatti. E' consigliabile prenotare.
Baol
]]>
0
- 3533067 1 2004-12-03T16:07:54+00:00 2004-12-03T16:07:54+00:00 - Baol70 - 


Antica Osteria Nonna Rosa
Via Privata Bonea, 4 loc. Pietrapiano.
Vico Equense (Na).
Tel 0818799055 - 0818016243
Coperti 50  Chiuso Lunedì Ferie Mai  Prezzo 35  euro vini esclusi Carte di Credito Visa,  Carta si

Mio Giudizio:
Cucina 44 Cantina 13 Servizio 8 Ambiente 7 Bonus 3  Tot. 75

Questo ristorante ha la singolarità di "villeggiare" durante la stagione estiva presso un locale incantevole sito in Piano di Sorrento denominato "Il Silenzio Cantatore". Un luogo sospeso tra terra e mare, con una vista da capogiro sulle isole "Li Galli", gli atolli che Eduardo De Filippo elesse a sua dimora estiva.
Durante la restante parte dell'anno la sede è quella di Vico, in una dimora contadina del '700, che conserva cimeli e strumenti della tradizione agraria degli abitanti dei Monti Lattari (entrambi le sedi meritano il Bonus).
Prima di esprimere una valutazione ho visitato sia la location estiva che quella Vicana ed ambedue le visite hanno suffragato il giudizio sostanzialmente positivo.
Ad accoglierci c'è Eduardo, anima indiscussa della sala, in possesso di armi peculiari di seduzione del cliente, che insieme a Peppe Guida (chef e patron) e Lella sua compagna, compongono l'ossatura portante di questo locale.
La cucina è corretta anche se costellata da qualche piatto "discutibile" e qualche altro non proprio "originale".
Abbiamo assaggiato dei buonissimi antipasti, polipi veraci fritti, un ottimo fiore di zucca ripieno di ricotta su salsa pizzaiola. In precedenza siamo stati colpiti dall'apetizer composto a mò di cocktail Martini con passata di pomodoro e come oliva una polpettina di melanzana.
I primi forse un po’ sottotono, buono il croccante di riso al ragù di coccio, da me non graditi i tagliolini agli scampi con profumo di limone per la presenza di una coprente ed inutile panna. In salita invece i secondi tra cui le mazzancolle imperiali con purea di patate e striscioline di peperoni gialli e rossi e lo scorfano in salsa napoletana meritano la menzione.
Corretti i Dessert ed indubbiamente la torta di Nonna Rosa spicca per bontà.
La carta dei vini contiene buone scelte regionali e internazionali, anche se poco profonda e forse con qualche ricarico eccessivo.
Corretto il rapporto qualità prezzo che permette di inserire questo locale tra gli under 35 se si scelgono alla carta 4 portate (antipasto, primo, secondo e dessert), anche se il menù degustazione costa 45 euro ma è composto da ben 7 portate.
L'ultimo bonus va assegnato per la particolare cordialità del servizio a cui Eduardo si dedica con una ammirevole cura per far sentire ogni cliente come il più gradito dalla casa.
L'assenza di questo locale dalla guida penso sia dovuta a qualche screzio con un precedente ispettore, per cui Peppe Guida si rifiuta categoricamente di compilare alcuna scheda.  
Baol



Venerdì 10 ottobre 2003 pranzo
E' un vecchio patto che si rinnova, basta una telefonata e bisogna lasciare da parte ogni impegno per visitare insieme un ristorante. E'il patto che mi lega ed alcuni vecchi amici delle scuole superiori.
Ci siamo così trovati da Oasis, nel giorno in cui questo locale era menzionato sui principali quotidiani per l'ottima performance raggiunta nella guida dell'espresso.
La gioia dei patron Fischetti era inevitabilmente palpabile e questo ci ha consentito di condividere la meritata soddisfazione di questi pionieri del gusto che, aprendo il loro locale in questa oasi bucolica, hanno dimostrato indubbio coraggio oltre che impareggiabile bravura.
Siamo stati accolti con una piccola praline di patate ed un flute di bollicine offertoci.
Il menù è vasto, così come vasta è la carta dei vini, e a conferma anche di quanto ricordavo dalla precedente visita ci sono ben 3 menù degustazione ed il più costoso è somministrato per 34 Euro, inoltre a pranzo viene servita una interessante colazione di lavoro a 16 Euro.
Avevamo telefonato durante il viaggio per chiedere di stappare 2 bottiglie di Vigna Camarato '98 che abbiamo trovato, sul tavolo assegnato a noi, poste nel decanter.
Scegliamo di affidarci alle cure dello chef segnalando come unica nostra preferenza di assaggiare l'agnello che è in carta.
Iniziamo così con l'antipasto della casa composto da una suadente ricottina di fuscella ancora calda, da un etereo lardo, da un profumatissimo prosciutto di cantina e da un gustosissimo velo di arrosto di maiale. Accompagnati da uova strapazzate, puntine di asparagi selvatici e zucchine e dai sott'oli della casa che annunciano al nostro palato quella che sarà una esperienza straordinaria.
Al momento della zuppa, con nostro grande piacere, ci viene servita una passatina di chichierchie, con bocconcino di baccalà affumicato e olio di oliva, un piatto della memoria, l'assaggio di questo legume, mitico nel racconto dei nostri nonni, ci ha svelato la vera essenza di questa cucina fatta di calore, profumi, sapori dementicati che stupiscono ed esaltano per la loro semplicità.
Ottimi i due primi piatti. Gli spaghetti alla chitarra, salsa di broccoli e alici fresche al profumo di pecorino con una piccola sfoglia croccante di peperoncini rossi le cui trecce ornano a mo di cappello l'ingresso di questo locale, alla ricerca di quel sole che permetterà loro di conservarsi per tutto l'inverno.
A seguire i ravioli di ricotta alla salsa di noci ed aglio bruciato, da urlo!
Ecco l'anelato secondo, quell'agnello che due volte all'anno mi porta in queste terre per acquistare quest'ovino che in Campania a mio avviso non ha pari.
L'oasis lo ha servito in due versioni, cotto alla vecchia maniera, come lo avevamo già apprezzato in una precedente visita, ed in crosta di pane alle erbe fini, ambedue le cotture rispettavano la bontà di una materia prima eccezionale, il contorno era di patate, cipolle e peperoni nel solco della tradizione contadina di queste zone, che vuole l'agnello accompagnato dal meglio dei prodotti della terra.
Un piccolo assaggio di formaggi del territorio, tre dolci la mattonella di pistacchio, un tortino al gianduia ed uno al caffè, la piccola pasticceria, il caffè e qualche distillato hanno completato questa splendida esperienza gastronomica.
Una esperienza che ci ha immersi in un territorio favoloso come l'irpinia, attraverso una cucina che è sangue e carne di questa terra e che i Fischetti interpretano con maestria.
All'uscita eravamo felici, satolli, guardavamo le verdi colline da cui ci sembrava provenissero i rumori dei campanacci della transumanza delle greggi, che in questi periodi, in tempi passati, si spostavano verso il vicino tavoliere e il nostro benessere era accompagnato dal rotare delle pale dei mulini al vento, che ci chiedevano di restare ancora a godere le sensazioni che ci portavamo dentro.
Baol


Pubblico la lettera scritta quasi un anno fa per dimettermi dalla segreteria provinciale dei Ds di Napoli e dal partito:
Compagni,
Le scelte politiche adottate dai Democratici di Sinistra, in questi mesi, dalla formazione della lista unitaria, al voto sulla missione italiana in Iraq, allontanano irrimediabilmente il partito dalla mia concezione politica e culturale. Ciò rende impossibile il prosieguo della mia lunga militanza.
I valori e le istanze dei ceti deboli, la rappresentanza delle domande e dei bisogni dei lavoratori e delle lavoratrici italiane, l’affermazione dei principi della pace e della non violenza, non possono a mio avviso disperdersi nella ricerca di un ben non definito ancora progetto riformista, che rischia di concretarsi in una rinuncia di storia, identità e progetto, lasciando inattese le speranze di costruzione di un mondo migliore. E’ indispensabile oggi, e non domani, iniziare a lavorare per permettere la permanenza nella società italiana di una forza politica autenticamente di sinistra, evitando di scoprire questa necessità nel momento in cui se ne costaterà l’assenza: sarebbe troppo tardi e i danni causati, in parte, irrimediabili. E con questa consapevolezza e con il dolore di chi abbandona, dopo venti anni, compagni e luoghi che hanno anche riempito la mia esistenza, che rassegno le dimissioni da tutti gli organismi politici e vi annuncio l’intenzione determinata a non rinnovare l’adesione ai Democratici di sinistra.
Castellammare di Stabia lì 01/03/04
Saluti Andrea Di Martino



Sabato 21.10.2006


Le Colline Ciociare - Acuto (Fr)
Approfittando del gold age :D, che quest'anno si è tenuto a Fiuggi, sabato sera decidiamo di cenare alle Colline Ciociare del cuciniere Salvatore Tassa.
Il cuciniere è lì alla porta ad attenderci quando arriviamo in questa piccola ed accogliente locanda posta sulla collina che accoglie il piccolo borgo di Acuto.
Ci accomodiamo in una sala in cui il bianco è il colore che prevale ed il ricordo va alla casa. Pochi i tavoli ben distanziati la comodità ed il sentirsi a proprio agio sono l'impressione che subito ci conquista.
Il cibo, la sua qualità, la nettezza dei sapori ci mettono in sintonia con la terra in cui ci troviamo.
Iniziamo con una piccola entreè, curiosa ed accattivante, Insalatina russa al caramello e zucchine, che ben ci predispone ad un menù degustazione a cui Salvatore aggiunge un piatto che alla lettura della carta ci aveva incuriosito: i tagliolini al pomodoro arrostito alla vaniglia, un piatto interessante e allo stesso tempo straordinario per la sua semplicità.
Iniziamo con una cipolla riempita di se stessa un vero e proprio piatto della memoria tradizione e semplicità condite di grande maestria. Continuiamo con il panino di patata imbottita con aringa affumicata, anche qui come nel primo antipasto prevale "l'elemento" come fattore centrale del piatto. Elemento semplice, povero, contadino ma le mani sapienti dello chef lo rendono straordinario ed indimenticabile.
Si passa ai primi piatti, gustosi tortelli di ricotta ovina su salsa di marsala, una grande materia prima che avvolge e conquista, pappardelle con cipolla zafferano e timo su ristretto di vino bianco, anche qui ci si chiede come possono ingredienti così semplici costituire un piatto così straordinario, e si termina con i tagliolini al pomodoro e vaniglia, tradizione ed esotismo da applauso.
Il il secondo è un piatto di carne, il maialino con purea di patate affumicate, broccoletti e piccola mela, un piatto gustoso, opulento ed equilibrato.
Potremmo continuare così ancora per ore ad assaggiare anche l'agnello, il fegato che abbiamo visto in carta. E' come se fossimo a casa nostra, di tanto in tanto Salvatore passa al tavolo, ci si parla, a questo punto è scattata una naturale familiarità. L'amore per la terra, per la cultura del contado, per una cucina che è gelosa ed esclusiva amante, sono fattori che non possono far altro che favorire l'incontro.
C'è ancora il tempo per il dolce, una barretta al cioccolato ed un Wafer al caramello che chiudono deliziosamente il nostro pasto.
Salutiamo Salvatore Tassa, il cuciniere, perchè presto saremo ancora qui. Tanta è la passione che ci unisce tanta è la nostra condivisione per la sua filosofia di cucina terra e semplicità. Un connubbio che solo i grandi possono miscelare con tanta efficacia.
Baol


Nonna Sceppa - Capaccio Paestum (Sa)
Da Raffaele Chiumento è sempre un piacere ritornare. E' uno di quei posti dove ti senti a casa tua. Nessun fronzolo, nessuna ricerca del clamore ma tanta serietà e passione. Una passione che ti attrae e che non ti fa stancare mai di questa maison.
Sabato scorso l'ennesima visita e Raffaele ha confermato pienamente le aspettative. Ci ha fatto iniziare con dei meravigliosi e freschissimi gamberi e mazzancolle crude e delle delicate seppie ripiene di zucchine alla scapece. Il primo piatto invece dei sofficissimi ravioli ripieni di una eccellente ricotta di bufalo ed una tradizionale zuppa di fagioli castagne e porcini, abbiamo continuato con una asciutta e meravigliosa frittura di pesce freschissimo e un abbondante filetto di manzo con patate. Per finire una dolce mousse di castagne su crema di cachi. Un pranzo semplice, tradizionale ma nobilitato come al solito da una grandiosa materia prima. Vere e proprie chicche della gastronomia territoriale. Dalla Mozzarella alla ricotta, dalle verdure al pescato. Insomma tutto ci trasmette passione e scrupolosa ricerca in questo ristorante. Anche i vini che Raffaele ci propone non sono mai scontati ma sempre tentativi di nuova conoscenza. Qui qualche anno fa avevo assaggiato il Pietraincatenata di Maffini prima ancora che fosse immesso sul mercato e acquisisse notorietà. Sabato i fratelli Chiumento ci hanno fatto saggiare, dopo uno straordinario Cupo, un vino che farà parlare certamente di sè: Miles di Vinagri. Un Aglianico 2003 del Territorio. Un vino potente, caldo avvolgente, che contiene in se una lunngevità straordinaria. Lasciamo Raffaele con una gratitudine infinita con la certezza che ci rivedremo presto per un nuovo tuffo nella grande cucina tradizionale campana.
Baol 


L'estratto di una riflessione sulla Camorra fatta nel 2005
(…) Leggere la faida di Camorra in atto nel napoletano con le antiche lenti di interpretazione ci consegnerebbe un quadro fuorviante della straordinaria novità del fenomeno.
Non si tratta di sola violenza estrema. Tutto sangue. Alcuna regola. Ha ragione Peppe anche qui il fenomeno si connota molto agli schemi di violenza urbana delle grandi metropoli Statunitensi. Sono saltati gli schemi antichi, le regole arcaiche e rurali che governavano le organizzazioni criminali. Siamo, quindi,  di fronte ad una modernizzazione del fenomeno. Di una ristrutturazione su basi nuove. Di un adeguamento ai processi di Globalizzazione in un quadro di compatibilità con le caratteristiche del Turbocapitalismo. Sta qui racchiusa la novità del fenomeno. Sarebbe un grave errore consegnare quanto avviene in questi giorni ad una violenza che si consuma tra un “loro”. Come spesso si tende a semplificare. Evocando in questo modo la purezza di un “Noi”. Lo spaventoso giro d’affari derivante dal traffico di droga. I guadagni dal racket. I proventi del’usura. Consentono l’accumulazione di una quantità tale di risorse che necessariamente vanno reinvestite in attività di riciclaggio. E qui sta la novità con cui questo avviene. Quei Capitali sono reinvestiti in attività non di semplice riciclaggio. Ma in vere e proprie attività di impresa. Imprese che travalicano i confini classici a cui eravamo abituati. Confini sia di attività economiche che confini territoriali. Quindi non più solo imprese nei settori storici del Calcestruzzo e dell’edilizia. Non più solo contraffazioni nei marchi di abbigliamento. Ma vere e proprie imprese di abbigliamento con marchi propri. La camorra oggi investe nel campo delle trasformazioni alimentari. Con imprese di produzione e di controllo della catena di distruzione. Nei settori Caseo latteari, del Caffè, Delle farine e dei prodotti ittici. Sfrutta in questo modo la prepotenza derivata dalla violenza per imporre il dominio del mercato. Ma si connota anche come elemento di produzione di occupazione precaria e fortemente arretrata sul versante del rispetto dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici. Alle misure di precarizzazione previste dalla L. 30, che la camorra sfrutta a piene mani in queste imprese. Si aggiunge un proprio specifico, “un surplus” di flessibilità selvaggia che si spinge sino alla mansione del delinquere. Le Mafie si inseriscono nelle maglie degli appalti non solo nell’edilizia, ma anche rispetto ai processi di esternalizzazione delle produzioni industriali. Non è per un caso che nella sola città di Castellammare di Stabia su 6 morti di camorra nel trascorso anno. Ben 4 erano dipendenti di ditte che lavorano esclusivamente nell’indotto Fincantieri. Ed uno è stato ammazzato mentre si recava al lavoro in fabbrica. Segno di un sistema che non è solo di vessazione. Ma si potrebbe configurare come possibile integrazione di processo. Ma  la vera novità è la globalizzazione dell’impresa Camorra. Gli interessi non sono più solo qui a Napoli nel suo tessuto economico e produttivo. Ma gli interessi diventano globali con imprese che si espandono non solo nei paesi della Unione Europea come il fenomeno raccontato nella bella inchiesta di D’Avanzo pubblicata da Repubblica qualche giorno fa. Ma si assiste ad una vera e propria delocalizzazione delle imprese in paesi che garantiscono minori controlli. Minori garanzie sul piano dei diritti e minor costo del lavoro. Proprio nella stessa modalità con cui ciò avviene nella impresa legale. Per cui gran parte delle imprese legate alla camorra che agiscono nel settore delle trasformazioni agro alimentari nella zona del Casertano. Stanno oggi delocalizzando le loro produzioni in Romania.  E come leggere anche la multinazionalità del cartello di imprese mafiose che puntavano agli appalti per la  costruzione del ponte di Messina. Scoperto dalla DDA qualche settimana fa? E come se qui si stesse realizzando una camera di gestazione del modello tendenziale del Capitalismo selvaggio. Un sistema fatto di sangue, violenza, guerra, assenza di ogni regola, tutto imperniato sulla finanza e lo sviluppo senza qualità. Voglio esportare questa analisi sino a farla raggiungere il paradosso. Quanto di diverso c’è tra il sistema di sviluppo della economia mafiosa nel sud del paese e le modalità con cui il Capitalismo si sta connotando nelle ex repubbliche sovietiche. E voglio spingere ancora più avanti il paradosso chiedendomi quanto c’è di simile tra la guerra tra clan Di Lauro e Scissionisti. E il sistema di guerra permanente con cui il sistema capitalistico cerca di superare le proprie contraddizioni? Paradosso dei pararadossi. Bin laden una sorta di “scissionista” globale. Siamo comunque di fronte ad un microsistema di sperimentazione di come si potrebbe connotare l’evoluzione estrema dell’attuale sistema di sviluppo globale. Ad un fenomeno di questa natura l’antica dicotomia tra repressione dello stato e politiche per l’occupazione non è più sufficiente per individuare le risposte. Va ripensato un agire complessivo. (….)

Estratto da un intervento svolto al Congresso Provinciale del PRC di Napoli il 19.02.05



AGRITURISMO CASA SCOLA - GRAGNANO (Na)
E' una splendida domenica d'inizio marzo, quasi di primavera in questo folle inverno, inesca la voglia di una gita fuori porta. Il consiglio di un amico: un nuovo locale aperto da qualche giorno. La strada per giungere in questo luogo è impervia, bisogna inerpicarsi tra le tortuose vie della Valle dei Mulini di Gragnano, ma la meta del viaggio è suggestiva, il panorama mozzafiato.
L'agriturismo è in una antica casa del 600 ai margini dell'antico borgo di Castello.
Gli ambienti sono piacevolmente arredati ed il personale di sala è gentile ed accogliente.
Il menù non è ampio ma è ben pensato con una proposta di territorio lodevole.
 
La carta dei vini è ristretta ma contiene una buona selezione di vini campani con buone bottiglie a ricarichi onestissimi.
Scegliamo alla carta:
- La Patata riempita di se stessa con millefoglie di verdure grigliate. Un piatto non nuovo ma ben eseguito  piacevole l'equilibrio della crema di patate e funghi.
- La genovese interpretata dallo chef. Candele di gragnano con il ragù alla genovese in cui la carne è presentata trita e completato con un ristretto di aglianico. Anche qui l'idea non è nuova ma è ben eseguita tranne un lieve superamento del giusto punto di cottura della pasta.
- Coniglio ripieno con panzanella. Piatto splendidamente eseguito carne cotta perfettamente piatto in equilibrio.
- Sfogliatine ripiene di crema con sorbetto ai mirtilli. Squisiti.
Abbiamo accompagnato tutto il pranzo con un Naima di De Concilis a 35 euro.
4 menù interi e 2 mezzi per i bambini 245 Euro.
Una piacevole e non scontata novità in un territorio che ne aveva bisogno.

Agriturismo Casa Scola
Piazza F.Rocco, 4  -  Gragnano  (Napoli)
E-Mail :  info@casascola.it


La Sinistra tra concretezza e utopia
C’è oggi una divisione tra una sinistra che si rifugge nel sogno, per esorcizzare la sconfitta e una sinistra che guarda la concretezza e che, perseguendola, sceglie un approdo moderato. Questa mi sembra essere la considerazione con cui Caramiello  sul Corriere del Mezzogiorno analizzava l’ultimo lavoro di Ingrao.
Penso che se restiamo chiusi in questa dicotomia non produciamo alcun avanzamento della Società italiana. L’utopia, nella nostra storia, nella storia di una delle sinistre è stata sempre affrontata criticamente. Né rifiutata né esaltata. L’utopia è una categoria che in alcune fasi della storia del movimento operaio è stata decisiva. Tutte le volte che ci si rende conto della “dura replica della storia”, riaffiora una necessità utopica. Si sente l’esigenza di rievocare un Baol, per citare il titolo di un libro di Benni. Soprattutto alla fine del secolo appena concluso, quando la storia replica alle illusioni del ’900, agli sbagli concreti, agli orrori, l’Utopia diventa una occasione per tenere aperta una prospettiva.
Attraversando il Movimento dei movimenti, noi di Rifondazione, abbiamo assistito alla rigenerazione della Utopia, alla sua concretizzazione nella critica al capitalismo e nella traccia di una prospettiva splendidamente sintetizzata in “un altro mondo è possibile”. Ed inviterei a riflettere su quell’ “è” che è la cifra del terreno di una concretezza.
La nostra pratica di concretezza trova misura anche nella condivisione dell’ esperienza di governo con le forze dell’Unione qui in Campania e al governo nazionale. Nella consapevolezza che questa non può essere la priorità per una forza che si pone il tema della trasformazione. Il nostro obiettivo concreto oggi è colmare il vuoto che esiste tra opinione pubblica e governo come unico antidoto per uscire dalla crisi della politica.
Siamo consapevoli che le sfide che ci attendono sono ardue, a volte più grosse di noi, della capacità che ha la nostra comunità di uomini e di donne ad affrontarle, determinando tutte le risposte.
Abbiamo bisogna di fare “massa critica”, della possibilità di creare tendenza, ci indica Bertinotti.
E l’iniziativa con Ingrao a mio avviso è stato un primo passo di questo nuovo cammino.
Il nostro sogno oggi è unire ciò che la storia del nostro Paese ha diviso. Unire gli uomini e le donne che aspirano a trasformare questa società lottando per la “rimozione delle cause” che determinano ingiustistizia e diseguaglianza. Un obiettivo minimo, che i nostri padri costituenti hanno impresso nella carta Costituzionale ma che oggi assume il sapore di una rivoluzione.
Questo obiettivo stiamo tentando di perseguirlo, facendo tesoro delle sconfitte del ‘900, attraverso la riconnessione  profonda tra mezzi e fini e ricorrendo alla scelta della non violenza.
Ora ci sembra venuto il momento di condividere con altri il nostro viaggio, di arricchirlo, di renderlo più fecondo.
Ricco come è stato in questi anni l’incontro con chi con noi in questi anni ha ragionato ed ha operato per costruire un contrasto alle Camorre nella società napoletana.
Fecondo come è stata la lotta per introdurre elementi di redistribuzione per le popolazioni del Sud. Avvincente come la tensione a trasformare Napoli in Poros tra il Mediterraneo e l’Europa. Da soli non possiamo farcela. Avvertiamo il bisogno di una soggettività politica più ampia di noi che si collochi a Sinistra nell’arco politico. E’ un nostro bisogno ed un bisogno della società italiana. Volere “questa” luna mi sembra un desiderio elaborato con i piedi in terra.

Napoli, 04/04/07
Andrea Di Martino


Cosa accade a sinistra del Partito Democratico

Ho letto con interesse l’intervento di Leonardo Impegno sul Partito Democratico pubblicato dal vostro giornale (Repubblica Napoli ndb).
Stiamo guardando con rispetto e attenzione al processo che condurrà DS e Margherita alla creazione del Partito Democratico. Rispetto e attenzione che però non ci impediscono di osservare che questo processo non offre risposte sufficienti alle domande che arrivano dal popolo dell’Unione e dai cittadini in generale. E’ per questo motivo che a livello nazionale come a livello locale ci siamo messi in cammino per costruire una grande aggregazione della sinistra italiana. E’ un cammino che Rifondazione ha già intrapreso con l’esperienza della Sinistra Europea, ma oggi questa felice intuizione rischia di essere non più sufficiente.
Si avverte la necessità di una rifondazione della Sinistra non come spazio da occupare ma come processo da incarnare e costruire. Si tratta, quindi, di superare la logica delle singole vertenze e battaglie sulle quali spesso ci siamo trovati fianco a fianco, come è accaduto nei nostri territori per la battaglia sull’acqua pubblica, e entrare in una fase costituente che porti alla costruzione di una nuova soggettività politica. Vorrei indicare qui di seguito i punti tematici dai quali, a mio parere, le forze che partecipano alla costruzione del Cantiere della sinistra non possono prescindere.
Innanzitutto non possiamo prescindere da un ragionamento complessivo sulle forme di organizzazione della politica: la forma partito tradizionale necessita di essere rivoluzionata dall’interno per trovare le migliori modalità di risposta alla domanda di partecipazione dei cittadini.
Questa considerazione mi porta subito al secondo punto che sta a cuore a me e al mio partito: riuscire a ristabilire una connessione sentimentale e operativa fra opinione pubblica e politica, piegando le forme della politica alle nuove esigenze della partecipazione. Questo significa riuscire ad avere, laddove si governa, una funzione di decodificazione dei bisogni dei cittadini e di amplificatore di questi bisogni presso le istituzioni.
Il terzo punto imprescindibile ha a che fare con le radici che il processo costituente deve avere. Esse non possono partire dal cielo, ma devono affondare ben salde nel terreno. Il che significa che è dai territori che deve partire la capacità di fare fronte comune e di elaborare politiche.
Per quanto riguarda Napoli ed il Mezzogiorno questa sinergia che parta dal basso non può che avere come argomento principale la lotta alla camorra. E’ più che evidente che finchè il nostro territorio sarà ostaggio dei clan sarà sempre difficile attivare politiche di inclusione sociale, che favoriscano l’occupazione e che garantiscano il sereno svolgimento di una dinamica democratica. Ci sono vari fronti sui quali a Napoli e Provincia possiamo iniziare a sperimentare questa interazione: uno di questi è il percorso di sei mesi che abbiamo chiesto e ottenuto per arrivare a deliberare sulle società partecipate del Comune di Napoli. Percorso che si dovrà arricchire del contributo di tutte le forze sociali che in questi anni si sono impegnate su alcuni dei temi, come il servizio idrico e la gestione dei rifiuti, al centro dell’azione di alcune di queste società. Parlo di una vera e propria consulta permanente della sinistra napoletana, aperta a quanti vorranno portare il loro contributo, in grado di declinare sui nostri territori le esperienze che arrivano da altre parti del mondo, capace di ascoltare i bisogni dei cittadini e di offrire strumenti di lavoro per la risoluzione dei problemi.
Può essere questo uno dei primi passi per edificare una soggettività politica che sia nuova non perché cambia il nome e aggrega ceto politico, ma perché inserisce nel mondo della politica un elemento di diversità e sperimentazione a partire dal rapporto fra politica e società civile. Costruiamo una nuova soggettività politica a Sinistra che miri alla trasformazione del presente sapendo nel contempo essere eccitabile ed eccitante.
 Andrea Di Martino, Segretario Provinciale PRC Napoli




Riflessioni su due eventi
Mentre Napoli e la Campania sono invase dai rifiuti e dai fumi derivanti dai roghi degli stessi, Vittorio Silvestrini lascia la presidenza di Città della Scienza denunciando un “processo degenerativo irreversibile” nella gestione di quel centro, nato per materializzare il sogno di Leibniz qui a Napoli. La correlazione visiva tra gli eventi è impressionante. Si avverte plasticamente il degrado e la crisi di una comunità. Ci sono responsabilità da parte della politica, della classe dirigente di questi territori nel suo complesso, ciò è indubbio. Ma una buona politica, quella che si pone l’obiettivo di colmare il baratro che si è determinato tra opinione pubblica e governo, la siderale separazione tra governanti e governati, ha oggi il dovere etico di indicare soluzioni per uscire dalla crisi, non certo può limitarsi ad agitare bandiere. Non lo può fare Antonio Sassolino, Dominus per anni del processo di governo in Campania, non lo vuole fare Rifondazione Comunista. Le soluzioni devono essere urgenti . Sui rifiuti c’è una emergenza che dura da decenni, stiamo assistendo alla riapertura delle discariche che sono certamente produttrici di un danno ambientale e sociale rilevante almeno quanto quello dello stesso inceneritore. Forse fronteggeremo anche per qualche mese il rischio che scoppi una devastante epidemia sanitaria, ma a fine anno quando l’inceneritore di Acerra sarà terminato ci accorgeremo di essere ancora in emergenza, perché abbiamo cdr che producono ecoballe fuori norma ed esiste un solo ed insufficiente impianto di compostaggio in Campania, cosa farà la classe dirigente?
Pensiamo che sia venuta l’ora di usare i poteri commissariali oltre che per aprire discariche anche per riparare i danni finora commessi. Rivedendo il piano rifiuti e individuando le aree su cui installare gli impianti tecnologici necessari alla raccolta differenziata. E’ paradossale l’esperienza che sta vivendo il comune di Santa Maria La Carità che pur differenziando la raccolta per il 50% oggi non sa più dove conferire il riciclabile.
Così come il centro sinistra Campano ha oggi il dovere di rispondere al grido di dolore lanciato da Silvestrini. Città della Scienza non può essere considerato un terreno di scorribande dei partiti. E’ un simbolo, l’idea di un divenire possibile, il sogno di un’altra Napoli, quel sogno fondativi dell’esperienza di governo napoletano che oggi sembra irrimediabilmente dissolversi. A Vittorio chiediamo di tornare sui suoi passi per non far sprofondare nel buio l’orizzonte delle donne e degli uomini di Napoli. Ai nostri alleati di governo diciamo fermiamoci e ridiscutiamo non da soli ma con le forze sane di questa città e di questa Regione: i sindacati, l’intellettualità, ciò che resta della ricerca, le professioni, i movimenti, l’associazionismo in una grande assise per determinare una svolta politica e di programma alla esperienza che stiamo conducendo. Se già non è troppo tardi.
Andrea Di Martino segretario Provinciale PRC Napoli
Peppe De Cristofaro segretario Regionale PRC Campania 




LA CAMPANIA: UN RISULTATO ELETTORALE IN CONTROTENDENZA
Questa tornata amministrativa ha determinato un avanzamento del PRC nella Provincia di Napoli e una sostanziale tenuta nel resto della Campania. In tutta la regione, nei comuni superiori ai 15.000 abitanti, passiamo da 9 a 19 eletti. A  Napoli, in particolare, Rifondazione passa da 6861 voti assoluti a 7218, nonostante l’ astensione più alta.  In diverse grandi città del napoletano (San Giorgio, Cercola, Torre Annunziata, Cardito, tutte tra i trenta e i sessantamila abitanti), ad Angri (Salerno) e a Santa Maria (Caserta), aumentiamo, anche sensibilmente, i nostri voti, fino al risultato straordinario di Quarto (Napoli), dove li raddoppiamo. Solo in due comuni (Caivano e Volla) registriamo un arretramento sensibile, determinato sopratutto dall’assenza di una forma organizzata del partito.  Il confortante dato di Rifondazione si inserisce in un risultato complessivo dell’Unione in netta controtendenza con quanto avvenuto nel nord del paese. Il centrosinistra vince nella quasi totalità dei comuni ed è al ballottaggio a Torre del Greco, seconda città della Campania, precedentemente governata dal Centrodestra. Ciò avviene nonostante il fatto che Italia dei Valori e Udeur in molti di questi comuni erano schierati con la casa delle libertà, e soprattutto nel pieno della emergenza rifiuti e di un appannamento evidente dell’azione di governo in Campania. All’osservatore esterno questo quadro potrebbe apparire pressoché inspiegabile, al punto da provocare una puerile e dannosa polemica interna al Partito Democratico. Chiamparino e Fassino che accusano le istituzioni campane  di aver provocato la sconfitta al nord sono il segno di quanto questo voto abbia scoperto nodi non sciolti, con il  rischio di veder esplodere in maniera vigorosa la contraddizione tra le priorità da seguire nella formulazione della prossima finanziaria. Noi suggeriamo due possibili chiavi di lettura: la prima è che l’emergenza rifiuti, per quanto gravissima, ha  eccessivamente oscurato un’azione positiva sul versante sociale, evidentemente non sfuggita a molti cittadini napoletani e campani (stabilizzazione di 30.000 lsu, reddito di cittadinanza, inserimento al lavoro per 10.000 disoccupati). L’altra sta  nella nullità progettuale del centrodestra campano, lacerato da lotte interne, e totalmente incapace di rappresentare un’ alternativa credibile.  In questo senso il voto è stato anche caratterizzato da una scelta per esclusione. Questo significa che sarebbe un errore drammatico pensare che una vittoria elettorale ci metta al riparo dalla necessità di una svolta politica e programmatica da imprimere all’azione di governo territoriale. Rifiuti, sanità, politiche sociali, politiche economiche e di sviluppo per la Campania ( e per l’intero mezzogiorno), lotta alle mafie, devono essere le priorità da cui partire per rilanciare l’azione di governo in regione, per le quali è indispensabile il sostegno del governo nazionale, che temiamo possa essere in questa fase attento solo alle spinte egoistiche dei poteri forti del nord.  Anche per fare tutto questo ci sembra irrinunciabile il percorso di costruzione di una nuova soggettività politica della sinistra.

Andrea Di Martino, Segretario Provinciale PRC Napoli
Peppe De Cristofaro, Segretario Regionale PRC Campania



ITACA 
Quando ti metterai in viaggio per itaca
devi augurarti che la strada sia lunga,
fertile in avventure e in esperienze.
I Lestrigoni e i Ciclopi
o la furia di Nettuno non temere,
non sarà questo il genere di incontri
se il pensiero resta alto e un sentimento
fermo guida il tuo spirito e il tuo corpo.
In Ciclopi e Lestrigoni, no certo,
nè nell'irato Nettuno incapperai
se non li porti dentro
se l'anima non te li mette contro.

Devi augurarti che la strada sia lunga.
Che i mattini d'estate siano tanti
qunado nei porti - finalmente anche con gioia -
toccherai terra tu per la prima volta:
negli empori fenici indugia e acquista
madreperle corallo ebano ed ambre
tutta merce fina, anche profumi
penetranti d'ogni sorta; più profumi inebrianti che puoi,
va in molte città egizie
impara una quantità di cose dai dotti.

Sempre devi avere in mente Itaca -
raggiungerla sia il pensiero costante.
Sopratutto, non affrettare il viaggio;
fa che duri a lungo, per anni, e che da vecchio
metta piede sull'isola, tu, ricco
dei tesori accumulati per strada
senza aspettarti ricchezze da Itaca.
Itaca ti ha dato il bel viaggio,
senza di lei mai ti saresti messo
sulla strada: che cos'altro ti aspetti?

E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà deluso.
Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso
già tu avrai capito ciò che Itaca vuole significare.

Kostantin Kavafis





UNA PROVOCAZIONE GASTRONOMICA ALLA SINISTRA.
All’inizio degli anni ’80 la grande cucina Italiana versava in una crisi profonda.
La ristorazione si divideva tra vecchie tecniche gastronomiche oramai stantie e innovazioni senz’anima.
Lunghe cotture, fondi pesanti e legatissimi, uso indecoroso (per la concezione moderna) dei grassi, caratterizzavano la tradizione. I tempi, invece, imponevano nei locali alla moda, quelli della Milano da Bere, piatti improbabili come le pennette alla Vodka e quelle al salmone. In Francia la nouvel cousine aveva generato il movimento rinnovatore della grande ristorazione che annoverava tra i simboli Paul  Bocuse, in Italia il nuovo stentava a nascere.
Quando il futuro sembrava fosco e il divenire della cucina italiana irrimediabilmente segnato dalla estinzione nascono due esperienze quasi parallele ma diverse: Il Trigabolo di Argenta ed il Gambero Rosso di San Vincenzo.
Il Trigabolo era una esperienza un po’ folle, quasi rockettara, un gruppo di giovani chef che nel loro curriculum annoveravano solo esperienze su navi da crociera, guidati da un grande appassionato di cucina, prodotti e vini. Argenta era un posto disperso nella bassa padana, d’inverno dovevi far i conti con la scarsa visibilità generata da una nebbia perenne, d’estate si combatteva con le zanzare. La cucina tradizionale viene rivoluzionata destrutturandola. Si parte da un grande prodotto si alleggeriscono le cotture, si modificano le forma del piatto, si sperimentano innovazioni che affondano le loro radici nella tradizione. Il Trigabolo oggi non opera più ma ha seminato l’innovazione, i giovani chef di allora si chiamano Barbieri, Corelli e sono il meglio della ristorazione italiana.
A San Vincenzo invece in un posto sul mare apre il Gambero Rosso. Il nome era quello di tante trattorie italiane di infimo ordine. L’intenzione era quella invece di innovare la cucina delle trattorie italiane anche qui destrutturando e puntando sulla qualità della materia prima. Nascono grandi piatti che hanno fatto scuola come la passatina di ceci e gamberi, il viaggio intorno alla gallina livornese e l’insalatina di triglie. Piatti semplici e sensazionali che fanno scuola. Tra Argenta e San Vincenzo passano in tanti apprendono e ripropongono rilanciando la cucina italiana e portandola ai fasti odierni. Sembra che il giovane Ferran Adrià il talentuoso chef catalano, sia stato ospite del desco di entrambi. Ducasse è ospite assiduo di molti dei nuovi ristoranti italiani. Oggi la nuova cucina italiana è affascinante, nuova, entusiasmante, coinvolgente. Grazie a queste due ricerche parallele. E se la Sinistra per rifondarsi seguisse questi esempi?    
Baol



SUD: L'ASSENTE
C’è un grande assente nella politica italiana oggi: Il Mezzogiorno. Nonostante la condizione di estrema precarietà e disagio sociale in cui versano le popolazioni del sud, è scomparso dall’agenda della politica come specifica emergenza nazionale. Anche la prossima finanziaria, pur contenendo elementi di significativa inversione di tendenza sul versante della redistribuzione del reddito, elude completamente il tema.


Eppure senza il rilancio del sud non decolla l’economia italiana. Non è un paradigma ideologico che ci induce ad affermarlo, è la concreta esperienza europea che lo insegna. Se oggi l’economia tedesca si impone come elemento trainante è perché l’est ha un pil doppio dell’ovest, lo stesso dicasi per la Spagna. Insomma senza un recupero significativo dei livelli di produzione meridionale non c’è speranza di ripresa per l’Italia. Eppure oggi questo non sembra richiamare una riflessione puntuale e costante, nè nel nascente partito Democratico e, devo dirlo con rammarico, neanche tra le forze che stanno tentando di dar vita al processo unitario a Sinistra.


Oggi tutti discutono e si arrovellano intorno ad una presunta “questione settentrionale”, questione che c’è ma che è squisitamente politica. Essa parla alla capacità della politica di innovare e riconnettersi sentimentalmente con la società. Il sud mantiene quasi del tutto intatto il portato storico politico e sociale di una mai risolta questione meridionale di gramsciana declinazione. Anche la precarietà assume connotati specifici se guardata con gli occhi del giovane meridionale. I precari della scuola che alle cinque del mattino si mettono in treno per Roma senza la certezza di trovare un incarico all’arrivo, li trovi a Napoli e certamente non li incroci alla stazione di Milano. Il numero davvero esorbitante di ragazze e ragazzi che hanno ripreso un flusso migratorio alla ricerca di lavoro, stanno devastando e facendo invecchiare le città medie del sud. Insomma il quadro sconfortante dei dati Svimez lo incroci nella sua materialità ogni giorno incarnato nel volto di uomini e donne meridionali.


Non penso servano risposte emergenziali, contratti d’area zone franche e patti territoriali li abbiamo sperimentati e non hanno prodotto i frutti sperati.


C’è bisogno che il governo Prodi assuma il tema di una centralità del sud e l’inversione di un profilo ideologico negli interventi:
-Analizzare e Programmare deve essere il nuovo metodo, affinché si evitino sprechi e si ottimizzino le risorse che ci sono. Partendo dalla economia che c’è industriale, agricola terziaria e turistica per rafforzarle e rilanciarle sui mercati globali.
-Programma infrastrutturali che riducano i disagi alla mobilità interna ed esterna alla regioni meridionali.
-Tutela del territorio, riqualificazione e manutenzione delle aree verdi anche attraverso un piano di impiego dei giovani in un intervento mirato a prevenire incendi in estate e alluvioni in inverno.
-Lotta alle camorre e alle mafie come vera ed unica frontiera della ricerca di risposte alla domanda di sicurezza.
-Investimento sulle politiche sociali per il sud a partire dal finanziamento di un salario di cittadinanza per i giovani meridionali.


E’ con questo programma che Rifondazione comunista di Napoli sarà in Piazza a Roma il 20 ottobre ed è su questa base che si avvierà in Campania il confronto con Verdi, Comunisti italiani e Sinistra democratica perché il nuovo soggetto unitario e plurale che stiamo costruendo si incarni nei territori a partire dai bisogni delle popolazioni del sud e tenti di rappresentarli con efficacia.

Andrea Di Martino
Segretario provinciale di Napoli Prc




16 novembre 2007: La sinistra per un altro Sud
16 novembre 2007 il primo passo per la sinistra unita e plurale. La manifestazione che si terrà venerdì prossimo alla Città della Scienza a Napoli ha un il valore fondativo di un esperimento che parte dal basso. In primo luogo le modalità scelte, una intera giornata di discussione e partecipazione su quattro temi fondamentali per una nuova sinistra meridionalista. Lavoro, ambiente, pace, lotta alle mafie saranno i temi su cui in forum tematici ci si confronterà a partire dalle dieci del mattino. Mutuando questa forma di discussione dalle esperienze dei Social Forum vogliamo dare un contributo al processo nazionale. Che dovrà essere largo partecipato ed innovativo. Sarebbe un vero errore mettere insieme semplicemente quattro sigle. Al processo di unificazione devono poter contribuire donne ed uomini che oggi non riescono a ritrovare un luogo organizzato in cui esercitare la voglia di partecipazione al processo di trasformazione della società. In serata il confronto: il lavoro scaturito dai forum, che sarà illustrato da personalità non aderenti ai singoli partiti, sarà la base per una intervista ai quattro leader nazionali di Rifondazione Comunista, Sinistra democratica, verdi e comunisti italiani. Questa sarà una tappa di avvicinamento agli Stati generali della Sinistra che si terranno a Roma il prossimo dicembre. L'appuntamento di Napoli assume nel contempo una sua specifica caratterizzazione. In primo luogo perché nella nostra provincia, la sinistra è stata storicamente radicata, si pensi al solo dato che Rifondazione Comunista con i suoi 5200 aderenti rappresenta la più forte federazione d'Italia per il PRC. Quindi ciò che riusciamo a realizzare qui avrà un peso determinante. In secondo luogo perché parleremo di Sud dei bisogni delle nostre popolazioni e delle risposte necessarie ed urgenti. In un epoca in cui tutti guardano alla “questione settentrionale”, la nuova forza che nasce vuol radicare il suo cuore nel mezzogiorno, e solo questo motivo basterebbe per essere lì in tanti.
Andrea Di Martino
segretario provinciale PRC Napol
i





IL VENTRE DI NAPOLI BRUCIA.
Il ventre di Napoli brucia. Bruciano le baracche, umile giaciglio dell'altro da noi devastato dall'intolleranza e dal disagio di una società che vira a destra. Bruciano i cumuli neri dei sacchetti abbandonati per strada, in questa lunga ed interminabile emergenza. Tra queste fiamme si aggirano indomiti ragazzetti, gradassi, su roboanti motocicli. Neo cavalieri a protezione di una società angosciata ed intimorita, senza stato e senza civiltà. E' accaduto nei mesi scorsi, accade oggi. La rabbia popolare, la ribellione trova un protettore antico e moderno. Quel potere oscuro e sotterraneo sempre presente nella storia di Napoli. Il tumore che oggi si fa paladino della voglia di pulizia e sicurezza. La Camorra! Il potere che aveva lucrato e lucra sulle mille emergenze di questa città. Il grande regolatore sociale che offre protezione in cambio di sottomissione, di rinuncia alla libertà. Analizzare ciò che sta oggi accadendo senza leggere questo è come guardare e non vedere.
Ne avevamo avuto il sentore durante i giorni di Pianura, soli, forse isolati, lanciammo un allarme che oggi le indagini della magistratura confermano. E' accaduto a Chiaiano, accade a Ponticelli.
Lì, nello storico quartiere operaio, dove abbiamo rivisto le scene terrificanti dell'esodo, uomini donne e bambini caricati su furgoncini sulle cui sponde era impresso a mò di monito la frase:”ferro vecchio”. Solo qualche giorno prima del presunto tentativo di rapimento, ad opera della giovane Rom, le cronache locali riportavano la notizia che la magistratura aveva svelato l'imposizione di un pizzo ai rom da parte dei clan di Ponticelli. Una dinamica di tal genere la scopri solo se la vittima la svela. Un affronto intollerabile per chi basa il suo potere sull'omertà e sulla paura. E' bastato veramente poco per recidere il labile legame sociale ed avviare la caccia all'untore. Il fuoco è stato appiccato da pochi imbecilli violenti, ma in un contesto di consenso sociale senza precedenti. Facendo apparire i volontari e le istituzioni che cercavano un riparo a quella umanità devastata dall'odio, visionari minoritari fuori dalla realtà.
Così come in questi giorni i roghi dei sacchetti hanno trovato la loro miccia nella esasperazione che assale di fronte al fallimento e al disastro. Il fallimento di chi ha maldestramente pensato che bastava sostituire nella gestione del ciclo dei rifiuti la camorra con la grande impresa, ed il miracolo si avverava. Ciò non è stato, ed anzi all'azione silenziosa ed intossicante senza appariscenza, che i clan esercitavano, si è sostituito lo spettacolo ignobile di un ciclo fallito, che trascina con se il tramonto di una speranza di cambiamento. Una speranza apertasi negli anni '90, attraversata da avanzamenti ed angosce. Portata avanti tra mille contraddizioni, con un' idea forse giacobina, ma con un tentativo inedito e coraggioso di tenere dentro questa tensione gli strati popolari della società napoletana. Oggi il fallimento del ciclo rifiuti oscura ed annulla tutto, apre uno spazio sociale alle bande che per anni avevano, con sofferenza, tollerato il nuovo ciclo che sembrava attraversare Napoli. Bande di malaffare, violenza e sopraffazione che si saldano, negli interessi, alla camorra di sistema, quella che fa impresa, che alimenta e si alimenta dei suoi traffici ma che non coincide con essa in modo strutturale. E' in corso la ricerca di costruzione di un nuovo blocco sociale per governare il ciclo che si apre in Campania. Come leggere altrimenti la prepotenza con cui la camorra ha dato avvio alla fase post voto. Gli omicidi virulenti degli ultimi giorni, parenti di pentiti, imprenditori che avevano denunciato il racket. Atti mai visti con questa sequenza e tracotanza. Un nuovo protagonismo sociale. Esercitato ricercando un nuovo consenso tra gli strati più delusi ed in difficoltà. Aspettando l'avvento del nuovo messia salvatore che, rinnovando un antico patto nel sud, tra stato e mafie riavvii un ciclo oggi inceppatosi. Riaprendo le discariche di proprietà degli antichi padroni, col consenso di una società ormai stremata. Un patto già visto in altri momenti della storia, l'ultimo fu negli anni '80 col post terremoto. Ci volle un decennio per riaprire una nuova fase. La nostra unica speranza è cercare di aprire un nuovo ciclo coinvolgendo ed ascoltando la società napoletana in un orizzonte di trasformazione. Convocando 10 assemblee nelle 10 municipalità di Napoli, tornando a Scampia, alle case nuove, a Forcella. Nei luoghi dove ampio è il disagio. Coinvolgere gli amministratori locali per avviare insieme questo confronto, sull'oggi per ciò che resta da fare, per domani per quello che va costruito. Per aprire una nuova prospettiva basata su tre pilastri. Partecipazione, perché ogni uomo ed ogni donna possa concorrere pienamente a questa impresa. Nuovo patto programmatico, per rilanciare l'efficacia di un progetto di trasformazione. Selezione di una nuova classe dirigente, che superi le stanchezze del presente ed affronti il futuro con la forza della speranza. E' importante farlo subito, proprio ora, mentre il ventre di questa bella città brucia.
Andrea Di Martino
Segretario Provinciale PRC - Napoli



La sconfitta è stata sonora e noi rischiamo di riprodurre noi stessi. I nostri vizi antichi, i nostri difetti di un dibattito tra sordi. Avremmo dovuto interrogarci con sincerità, spogliandoci delle nostre certezze e camminanre nudi verso il futuro. Ma tutto questo non è stato e non è. Allora non ci resta che tentare di fare il nostro meglio, qui ed ora. In questo grigio dibattito che si sta sviluppando per invettive più che per confronto.
I risultati elettorali del 13 e 14 aprile scorso hanno prodotto la sconfitta di tutta la Sinistra Italiana.
Tale esito si è determinato nel consolidamento del più poderoso spostamento di voti dal campo di forze del centrosinistra a quello del centrodestra della storia Repubblicana.
In questo quadro, la sinistra arcobaleno ha raggranellato un misero 3% ed il peso di Rifondazione in questo risultato non può essere un dato che si da per assunto, sulla base di un borioso pregiudizio di autosufficienza. E' pericoloso e devastante inseguire certezze. C'è un elemento da cui non si può sfuggire, senza uno spazio politico per la sinistra non può esservi uno spazio per la rifondazione. Questo spazio oggi è stretto, molto stretto. Non è solo il dato elettorale che ci consegna a questa drammatica constatazione, è la dura realtà di questi giorni che ci inchioda ad una profonda riflessione su noi stessi. I roghi di Ponticelli sono spaventosi, per il ritorno delle scene dell'esodo ma anche per il consenso sociale da cui sono accompagnati.
Nel sud siamo difronte al tentativo di costruzione di un blocco sociale d'ordine devastante. La camorra e le mafie rischiano di divenire i regolatori dei conflitti che si aprono in questa parte martoriata del paese.
Le politiche economiche del governo accentuano la frantumazione del mondo del lavoro.
I primi decreti approvati vanno nel segno delle restrizioni delle libertà.
I raid del Pigneto ci interrogano direttamente.
Innanzi a questo quadro bisognerebbe dismettere la litania sul ritorno a fabbriche, a territori e a piazze. Non siamo più in quei luoghi, non per scelta. Non vi siamo perché essi nel frattempo sono radicalmente mutati e i nostri strumenti non erano più adeguati alle domande che ci ponevano. Allora sarebbe inutile ritornare così ingenuamente, ne saremmo riespulsi accompagnati da una risata. Bisogna assumere su di noi la missione dell'andare. Andare in modo nuovo, con idee nuove verso quegli stessi luoghi e saper contemporaneamente interpretare le moderne istanze di liberazione che si levano dagli odierni oppressi.
Siamo in grado di farlo, non so. Il dibattito non aiuta, forse perché non siamo altro che un piccolo partito sconfitto, diviso per correnti e non abbiamo il coraggio di confessarlo a noi stessi.
Serve uno slancio, uscire fuori dalle logiche del parlarci addosso per partito preso e ricercare.
Per porci un obiettivo di fondo: cambiare. Cambiare noi stessi per trasformare questo freddo presente. Cambiare un modo d'agire che replica riti antichi. Che innanzi alle difficoltà si chiude nelle poche misere certezze. Che si incammina alla ricerca di un capro espiatorio quando è devastato dai propri limiti ed errori. Una organizzazione in cui chi è stato o è nelle istituzioni (e quanto peso esse assumono nella crisi odierna!) ricerca le colpe nell'assenza di partito. Pensando di eludere così il tema della necessaria ricerca sulla crisi della forma partito. E' coinvolgente oggi quel partito con la P maiuscola che tanto viene invocato? Parla a questa società devastata, accende passioni? Avrei voluto discutere di questo senza ascoltare lezioni e contumelie. Mi auguro che un giorno si possa aprire questa discussione. Oggi è il momento di tenere viva una speranza. Per questo motivo ho sottoscritto e voterò per Vendola. Perché è un'opzione politica senza certezze, curiosa di indagare e comprendere. Quello spirito che ritrovai nel documento di Venezia che mi ha fatto aderire a questo partito. La “nonviolenza” come critica radicale al potere. La dismissione della boria di partito verso una ricerca di un rapporto di pari dignità con i movimenti. La democrazia radicale come pilastro del nostro agire politico. Quanta rabbia ho provato vedendo i nostri elettori che votavano alle primarie del PD. Avevamo colto quella voglia partecipativa e non avevamo saputo coltivarla. Uomini e donne si allontanavano da noi alla rincorsa di una suggestione democratica. Quell'abbandono è divenuto poi definitivo al momento del voto alle politiche. Ora su ciò che dovremmo fare, su quale soggetto politico costruire, valga un antico e semplice principio :”una testa un voto”. O è così o saranno poche oligarchie a decidere. Le oligarchie sono peggio di tanto altro e sono anche repellenti. Per il resto che vinca Vendola, ma poi c'è tanto da fare e io mi auguro che possiamo essere in tanti e tante a tentare. Non per noi, per i nostri miseri ed individuali destini, ma per un mondo dove un bambino piangente sulla spalla di sua madre non sia più spinto su un carretto con su scritto: “ferro vecchio.”
Andrea Di Martino
segretario provinciale PRC - Napoli



INTERVENTO AL CONGRESSO NAZIONALE
Clandestini, stato di emergenza” è il titolo, di oggi, dei tre principali quotidiani. La dichiarazione dello stato di emergenza per il problema migranti proclamato dal governo è la cifra più drammatica del baratro politico-culturale in cui è caduta la società italiana al tempo del governo delle destre. La realtà delle cose si può narrare in tanti modi, ma lo scontro oggi è tra una destra concreta, che governa, opera, fa egemonia, cambia l'alfabeto dei valori e una sinistra debole, sconfitta, astratta. Se resta così non c'è partita. Il mix di paura, senso di insicurezza, precarietà, impossibilità di soddisfare bisogni primari, materiali, liquefazione della società è una tendenza reale, non inventata.
Alla destra basta limitarsi alla rappresentanza netta di questo scenario. La sinistra deve cambiare la scena, intervenire alla radice sulla condizione sociale di massa. Il problema non è solo radicarsi nel territorio, ma cambiare il territorio. E' per questo che una forza politica che si arrende al ruolo testimoniale tradisce la sua stessa ragion d'essere e il motivo di una militanza che non può che essere al servizio del processo di liberazione degli oppressi.
Limitandoci semplicemente a interpretare e rappresentare la domanda che irrompe dalle periferie delle grandi metropoli occidentali, non potremmo che accodarci alle richieste di maggior sicurezza che da lì provengono o peggio ancora raccogliere anche noi la nostra molotov ed appiccare l'incendio al campo rom di Ponticelli, unendoci alle bande che lì operano sotto la regia della camorra locale. E' questa la riflessione che vorrei proporre ai compagni e alle compagne della prima mozione che hanno scelto di stare in piazza Navona sulle parole d'ordine di Di Pietro. Una visione del mondo giustizialista espone, più che il gruppo dirigente nazionale, dotato di una cultura politica adeguata ad entrare ed uscire immune da una piazza, il corpo largo del partito e i suoi avamposti al rischio di una lettura non sufficiente delle contraddizioni che animano la guerra peggiore di tutte: quella che contrappone i penultimi agli ultimi. Fare società con la politica è quindi inevitalbimente orientamento dei processi e non subalternità supina agli stessi.
Per affrontare un'impresa di tale portata dobbiamo lavorare su noi stessi ed andare oltre noi stessi. Da soli non possiamo farcela. Bisogna qui ed ora e non domani avviare la ricerca concreta verso un nuovo soggetto politico di donne e di uomini, non solo nel nudo dato quantitativo, ma anche in una modalità altra con cui esercitare il potere. All'esercizio maschile della forza noi dobbiamo sostituire, mutuandola dal movimento delle donne, la pratica della persuasione attraverso l'autorevolezza. Tanto più questo discorso vale nel Mezzogiorno d'Italia dove la prepotenza violenta di sopraffazione agita dalle mafie e dalla camorra impongono l'urgenza di un modello alternativo da contrapporre. Ripartire dal sud significa affrontare il luogo dove più drammaticamente rischiano di esplodere le contraddizioni delle politiche economiche colbertiane operate dal ministro Tremonti. Il Mezzogiorno oggi mantiene quasi del tutto intatto il portato storico politico e sociale di una mai risolta questione meridionale di gramsciana derivazione. Anzi le politiche del governo delle destre rischiano di aumentare il divario impedendo alla sinistra di sviluppare un progetto complessivo di trasformazione di una società che cammina sempre più a due velocità. L'attacco inedito e barbarico fatto da Bossi ai professori del Sud è la cifra più visibile di quanto si vuole lavorare su questo divario, che rischia di essere regressivo e reazionario, affermando un'idea di cultura pura del Nord contro una presunta sottocultura del Sud, che al contrario si nutre di radici antiche e meticce, per marcare il divario non solo nella materialità.
Impedire lo spezzarsi drammatico del paese è il compito principale di un'opposizione di sinistra alle politiche neoliberiste della coppia Berlusconi-Tremonti. Per fare questo occorre ricostruire il campo largo della sinistra, incarnandola su un processo democratico dal basso, che facendo tesoro degli errori commessi faccia incontrare uomini, donne, forze politiche, associazioni, affinchè si possa determinare la massa critica indispensabile alla trasformazione di questo gelido presente. La ricostruzione della sinistra deve necessariamente fondarsi sul suo popolo. Sulla sua partecipazione diretta al processo di trasformazione e al suo coinvolgimento nelle decisioni e nelle scelte. Non è con un partito di soli militanti che si risale la china. Non è con la riproposizione della delega ad un gruppo dirigente ristretto che coinvolgi chi ritiene il partito politico un luogo respingente. Riprendere oggi la riflessione sulla crisi del partito politico diviene un punto non rinviabile.
Durante questo congresso 40.000 uomini e donne hanno voluto segnalare la loro disponibilità a partecipare al processo di rilancio del partito della Rifondazione comunista all'interno del quadro più ampio della sinistra politica in Italia. Sulla costruzione democratica delle scelte è bene compiere una riflessione. Il tema della democrazia dovrebbe impegnare più noi stessi e il nostro dibattito. C'è chi autorevolmente sostiene essere stata la democrazia a determinare la sconfitta del movimento operaio. Lo è stata forse più del capitalismo con cui esso si è confrontato alla pari. Il movimento operaio non è riuscito piuttosto ad elaborare una sua idea di democrazia autonoma, ma non potendo essere altro che democratico da quel confronto è uscito sconfitto. Se il capitalismo comporta una degenerazione del processo democratico producendo una società in cui l'uguaglianza diventa una chimera, la sinistra deve trovare una strada completamente alternativa. Questo è il tracciato su cui ricercare. Il trauma del fallimento del 900 ci rode ancora la coscienza e con esso dobbiamo fare i conti. Sono conti che hanno bisogno di un pensiero lungo, di una riscrittura di noi stessi e di un proseguimento delle innovazioni di cultura politica che abbiamo prodotto in questi anni. Costruire l'unità fondandola su questa grande ambizione può divenire la speranza con cui riempire le bisacce che ci accompagneranno nel pezzo di viaggio comune ancora da compiere per cambiare questa società.




“Rifondazione fece bene a non stare nel movimento a Pianura”
Facemmo bene a decidere di non attraversare il movimento contro la discarica di Pianura. Gli inquietanti fatti che emergono in quest'indagine ci danno oggi ragione. Fu quella una decisione dolorosa che pagammo ed abbiamo pagato ad un caro prezzo. Difficili discussioni interne che portarono anche all'abbandono del partito di Fabio Tirelli il presidente di quella municipalità passato con il PD. Ma pur ribadendo il nostro no alla discarica di Pianura, mi resi subito conto che quel movimento non era attraversabile dagli uomini e dalle donne della Sinsitra. Mi recai in contrada Pisani il 30 dicembre e quello che si preparava non mi piacque. Vidi una piazza governata da elementi anomali e decisi di proporre, all'organismo dirigente del mio partito, la difficile scelta di stare lontani da quel movimentio. Ribadimmo il nostro No e lavorammo in un rapporto unicamente istituzionale, affinché Pianura fosse fatta salva da quella scellerata scelta. Per me la lotta alla camorra e la salvaguardia di un progetto di trasformazione della società in senso più giusto ed egalitario, sono precondizioni indispensabili dell'agire politico. Non voglio scendere nel merito delle inchieste della magistratura, che debbono fare il loro corso, e mi auguro che l'assessore Nugnes possa dimostrare la propria estraneità ai fatti. Penso che Pianura sia stata l'avvio di una nuova strategia della Camorra sui nostri territori. Il proporsi come regolatore sociale in una fase attraversata da angoscie e paure. A quelli sono seguiti gli episodi di Ponticelli, gli omicidi di Casal di Principe e Torre Annunziata sino alla tremenda strage di Castelvolturno. Questi saranno sempre i mali contro i quali una moderna sinistra dovrà battersi e essa mai dovrà trovarsi in condizioni di promiscuità rispetto a questi fenomeni. Così come penso sia la conferma del silenzio a cui oramai sono stati relegati i simboli, il fatto che ieri a Pianura le magliette con falce e martello e quelle con la testa del duce si mescolavano per protestare contro gli arresti.
Andrea Di Martino




images_of_me_obama_2008]]>Repubblica oggi titola: "Il mondo è cambiato." Non so se è vero. Un nero alla Casa Bianca è un cambiamento epocale. Ciò può produrre cambiamenti nel resto del Pianeta. Se ciò non fosse. Se avesse davvero ragione Attalì che parla di un declino occidentale, per cui il baricentro del pianeta è l'oriente. Ebbene anche questo ci parlerebbe di un mondo cambiato. E Noi altromondisti come aggiorniamo la nostra analisi da quale realtà vogliamo confrontarci per continuare la nostra ricerca. Oggi un amico ha scritto:"Lo slogan del '68 era vogliamo l'impossibile! E l'impossibile è arrivato, si si chiama Barack Obama." mi sono permesso di commentare: "Bene ed ora? Uno dei tanti impossibili si è materializzato: il Presidente nero. Il '68 vive e produce i suoi effetti a discapito di quanti ne avevano celebrato il funerale. Ma ora mi chiedo se una nuova generazione non abbia il dovere di ammazzare quel movimento e affrontare in prima persona un nuovo viaggio. Un viaggio in cui possa essere nocchiere, timoniere e nostromo senza dover per forza torcere il collo al passato per rintracciare le rotta."
La crisi economica che progressivamente scivola producendo effetti sconvolgenti. Nuovi movimenti irrompono. La CGIL convoca lo sciopero. Ed io passo il tempo su una mailing list e con il mio telefonino per commentare un articolo velenoso pubblicato da Il Riformista ieri (5.11.08). Siamo deboli incapaci e sconfitti forse rintanati in un politicismo assurdo e non riusciamo più a guardarci intorno e ridotti così male? Mi ribello, insorgo e voglio scartare. Un pò nauseato.




La manifestazione con Vendola venerdì sera è stata straordinaria. La sala era stracolma, come nessuno di noi immaginava. Uomini e donne, mai visti prima alle nostre vecchie iniziative. C’era entusiasmo in sala. Attesa, speranza, passione. Avevamo tutti lavorato molto alla sua riuscita, con una inedita coralità che ha riaffermato un collettivo. Ma non eravamo più noi stessi. O meglio non eravamo ciò che fummo, tutti volevamo essere ciò che sarà, la Sinistra del XXI secolo. Un nuovo camminamento, un nuovo scoprimento, curioso, libero ed intraprendente. Lo hanno chiesto Alessandra, Maria Chiara, Francesca, Camilla. Lo hanno chiesto i giovani lavoratori della Fiat presenti in sala. Lo hanno chiesto tutti, in quelle due ore di ascolto appassionato dell’intervento di Nichi. Che ha tracciato un percorso. Sta ora a tutti noi riempirlo di iniziative, costruzioni, relazioni e reti. Innanzi ai mali, ai drammi del presente abbiamo voglia di innestare il principio speranza. Io amo, io sogno, io non ho paura erano i pensieri che emettevano quei tanti occhi appassionati ed umidi che abbiamo incrociato. Abbiamo piantato un nuovo seme, un seme di unità e speranza. Ora bisogna curarlo ogni giorno, annaffiarlo, proteggerlo, aiutarne la crescita. Farlo con l’altruismo che tutti e tutte hanno mostrato in questi mesi. La generosità di chi ha lasciato le vecchie case affrontando l’ignoto. La forza di chi ha investito sulla sinistra evitando tatticismi. La fiducia di chi per la prima volta ieri si è avvicinato ad un luogo politico. Mescoliamo ora queste energie per moltiplicarle all’infinito. Contattiamo ancora chi non c’era. Cerchiamo le risposte alle domande che sono emerse. Costruiamo la Sinistra, non per noi stessi, ma per chi oggi nella società ne ha un bisogno vitale. 
Andrea Di Martino



Diecimila voti alle primarie. Un risultato inaspettato quello della Sinistra e Libertà in provincia di Napoli. In pochi giorni, con scarsi mezzi e armati solo di tanto entusiasmo uomini e donne come tanti comici e spaventati guerrieri si sono messi in cammino. Hanno sfidato il gigante dai piedi di argilla e ne hanno incrinato le fondamenta. E' stato un lento e paziente lavoro di tessitura. Quartiere per quartiere, città per città, luogo di lavoro per luogo di lavoro. Hanno costruito relazioni, partecipato ad assemblee, lavorato come forsennati per far fronte alla macchina organizzativa del PD, e domenica notte i risultati hanno gioiosamente fatto irruzione nel nostro presente, segnando una possibilità per il nostro futuro. Salvatore Vozza, il candidato di Sinistra e libertà alle primarie, per la scelta del candidato presidente del centrosinistra alle prossime elezioni provinciali a Napoli, è risultato primo in grandi realtà. Nelle città del lavoro: Castellammare, Torre del Greco e Torre Annunziata. Primo a Sorrento, Quarto, Caivano, Casoria. Primo in tanti quartieri popolari a Napoli da Scampia a Stella, Bagnoli, nel Centro storico. Il risultato finale è stato sorprendente: secondo con il 23%, conquistando voti ovunque, in tutte le città della provincia, anche lì dove non vi erano insediamenti precedenti. La sinistra ha parlato alla società parlando ai soggetti colpiti dalla crisi ed offrendo un progetto efficace e realizzabile. Ha costruito ambiziosamente la possibilità di sognare un futuro diverso per Napoli e la sua provincia. Ha offerto a uomini e donne la possibilità di contrastare l'ascesa di Cesaro al governo dell'ente di piazza Matteotti. Ora bisogna costruire dal basso una lista forte e radicata per le elezioni di giugno. Una lista in grado di rappresentare le donne e gli uomini di Napoli che non vogliono arrendersi all'irruzione di Gomorra nel futuro della nostra quotidianità.
Andrea Di Martino



Napoli, 09.04.2009 - La notizia che l'accordo tra Fiat e Crhysler passa per l'interesse degli americani sui prodotti della ricerca di Elasis, come il motore multiair, è due volte una buona notizia.
In primo luogo perché conferma che da questa crisi si esce con gli investimenti sulla ricerca. Quindi Fiat prenda atto ed investa sugli stabilimenti Campani e sui centri di ricerca.
La seconda buona notizia è che la Campania è la sede di uno snodo importante per la innovazione di prodotto. Tecnici e ricercatori del mezzogiorno che produce, hanno ideato il motore che a basso impatto energetico è l'investimento strategico per il futuro. Obama negli States ha varato un piano per produrre motori a basse emissioni ambientali che sono la condizione per l'intervento pubblico. Noi in Italia ed in particolare nel Sud, questo motore lo abbiamo ideato con le nostre competenze, ed oggi siamo all'avanguardia. Il governo inverti la sua politica e investa sui grandi centri di ricerca del Mezzogiorno, evitando di continuare a depredare le risorse dalle nostre terre.

Andrea Di Martino
Sinistra e Libertà- Napoli




Alcune Riflessioni sul voto in Provincia di Napoli.
Cesaro ha vinto e con un risultato travolgente. Il Centrosinistra ha perso e nel peggiore dei modi possibili. Sembrerà lapalissiano ma ci serve a sistematizzare.
Lo strano risultato, per alcuni inaspettato ma non per chi scrive, è il sostanziale pareggio in città di Napoli tra i due schieramenti. Da qui parte la prima riflessione. A Napoli città il centrosinistra doveva essere travolto, per come è stata oggetto di attenzione negativa dei media e di una parte del gruppo dirigente del PD. Così non è stato.
Sul voto alle provinciali ha pesato un fattore politico determinante. Viene da lontano e si nutre di supponenza. Questo fattore si chiama delirio di autosufficienza del PD. Sono tre anni oramai che la coalizione di Centrosinistra si è dissolta per tale paradossale fenomeno. Lo abbiamo segnalato inascoltati in questi anni e spesso un po' ignorati.
In verità il fenomeno si era già manifestato in maniera preoccupante alle amministrative dello scorso anno. Poi è esploso drammaticamente in queste elezioni. Napoli si è sempre retta su una coalizione ampia, questa coalizione in 15 anni ha prodotto stabilità ed innovazione politica. Si sono prodotte trasformazioni e cambiamenti. Ma a Napoli la sinistra era ed è minoranza nella società. Solo la coalizione ampia che apre ai settori non progressisti ha garantito il governo di questi anni. Questa coalizione ha retto. Ha fatto scelte. Ha saputo coniugare innovazione, attenzione ai deboli, dialogo e democrazia. La crisi dei rifiuti ne ha inclinato il profilo e contemporaneamente da Roma è partita l'era dell'autosufficienza. Qui a Napoli alcuni hanno pensato di assumere tale principio per avviare una lotta interna al Partito Democratico. Così facendo non si sono accorti che stavano segando il ramo su cui erano seduti. Sabato e domenica quel ramo si è spezzato ed il tonfo è stato poderoso. Ma la città di Napoli ha retto perché si è avuto la saggezza di saper dissentire. Di non seguire le sirene catastrofiste e curare l'alleanza. Nel contempo si è avuta la percezione che qualcosa andava cambiato e lo si è fatto aprendosi alla società. Ora si tratta di ripartire da qui. Mettere insieme i cocci e riformare una rinnovata coalizione di centro sinistra avviando anche un ricambio di generazione che ricrei l'entusiasmo per l'apertura di un nuovo ciclo politico.
Le Regionali del prossimo anno sono un primo banco di prova. Mettiamoci al lavoro sin da subito perché la partita non è ancora persa. Tre direttive: coalizione ampia, Programma di governo condiviso, partecipazione democratica dal basso. Il PD si concentri su questo, la ricreazione è finita.
La seconda riflessione è che a Napoli ed in provincia la sinistra riformatrice c'è. Viva e vegeta. Sinistra e Libertà raccoglie 58.000 voti alle provinciali che sono gli stessi che ha raccolto anche alle Europee. Elegge due consiglieri in un quadro di sconfitta pesante che poteva travolgerla. Certo c'è ancora molto da fare. Ma per una forza nata un mese fa, senza mezzi e risorse, con molti gufi scettici era difficile fare di più. La sinistra riformatrice ha un senso se si allea con il PD e si pone come rappresentanza del mondo del lavoro, del mezzogiorno, dei diritti, dell'ambiente, della pace e della cooperazione tra i popoli nell'ambito di una coalizione ampia. In alternativa le resta uno spazio residuale e testimoniale come dimostra la deludente prestazione di Sodano alle provinciali che ha perso voti rispetto alle europee e solo per 200 voti è riuscita a strappare il seggio a Santa Maria La Nova. La montagna ha partorito un piccolo topolino in quel caso. Ma ora la sinistra ha bisogno anche qui a Napoli di non fermarsi e proseguire il suo cammino. Avviare da subito un Cantiere aperto che parla a tutti i pezzi di questa sinistra sconfitta, affinché si possa dar vita in poco tempo al grande partito della Sinistra italiana del XXI secolo che si ponga come primo obiettivo di riportare i progressisti nel prossimo parlamento italiano. Si tratta, come ci eravamo prefissi, di non disperdere la proposta politica che risultò sconfitta a Chianciano e che era l'unica in grado di evitare ciò che è accaduto per le elezioni Europee, 2.000.000 di uomini e donne della sinistra oggi non hanno una rappresentanza al Parlamento Europeo.
Andrea Di Martino
Sinistra e Liberà - Napoli


Una brutta Storia a Vico Equense

Nell'ambito del ridimensionamento scolastico, previsto dal decreto Gelmini, il sindaco di Vico Equense pensò che l'applicazione di quella norma passava per la chiusura dei plessi scolastici situati nella zona alta della città. Così programmò la chiusura degli istituti di Ticciano e Montechiaro collocati alle pendici del Monte Faito. La decisione creava non pochi disagi ai genitori ed ai bambini abitanti in borghi molto distanti dal centro cittadino. Ci furono petizioni, proteste sino alla presentazione di un ricorso al TAR della Campania, contro la delibera comunale che aveva così inteso applicare il dimensionamento scolastico. Al TAR ricorse anche la Regione Campania in sostegno alle giuste obiezione dei genitori. Ora il TAR ha dato ragione ai cittadini vicani ed alla Ragione e ha quindi bocciato la delibera del comune di
Vico Equense. Il sindaco Cinque, ha immediatamente proposto appello al Consiglio di Stato, e nelle more, piuttosto che ottemperare alla sentenza che vedeva soccombente il comune, ha ordianto lo smantellamento delle struture scolastiche provvedendo alla rimozione delle suppellettili presenti nei plessi. Ai cittadini di Vico Equense che protestavano ha mandato i carabinieri, che hanno provveduto ad identificare donne e bambini che difendevano la loro scuola dall'abuso di un Sindaco che dimostra di non avere alcun rispetto per le sentenze del Tribunale amministrativo.
Per domani i genitori hanno annunciato un presidio di protesta al comune di Vico Equense. Sinistra e Libertà sarà al loro fianco, così come in questi giorni lo è stato l'assessorato alla Pubblica Istruzione della Regione Campania. E' evidente che la sentenza del TAR va rispettata è questo che domani chiederemo al Sindaco. Il decreto Gelmini già produce devastazioni nel mondo della scuola. Ora una sua applicazione acefala aggiunge solo danno al danno. Chiediamo al Sindaco Cinque di consentire un sereno avvio dell'anno scolastico. Perché confidiamo sul fatto che gli stia a cuore l'istruzione dei propri piccoli cittadini. Non vogliamo neanche pensare che tanta solerzia nell'accelerare la ingiusta chiusura di scuole che servono
alla popolazione vicana sia causata dalla fretta di avviare i progetti di trasformazione delle strutture scolastiche in attività economiche. Ciò sarebbe veramente la dimostrazione di una totale insipienza. Sindaco Cinque ci dimostri di aver a cuore la crescita culturale dei bambini di Vico e applichi quella sentenza che le da torto.

Andrea Di Martino



Sinistra e Libertà nasca per produrre unità.
Anticipare il congresso di Sinistra e libertà è una esigenza che condivido. Una condivisione che al dire il vero è solo in minima parte derivante dalle conclusioni del congresso dei Verdi.
Quell'esito è indubbiamente un grosso freno al percorso deciso a Bagnoli.
Io penso che è meglio un esito chiaro, seppur negativo, piuttosto che un oscuro compromesso che avrebbe reso ancor più arduo il divenire tortuoso della nostra impresa politica. Ritengo, quindi la strada indicata da Vendola l'unica che può ancora dare un senso al tentativo di trasformare Sinistra e libertà in un nuovo soggetto politico.
Questo tentativo non può vivere, però, solo sulla spinta di una emergenza.
A Bagnoli abbiamo assunto un compromesso perché era l'unico che potesse tenere unite le cinque soggettività politiche senza produrre strappi. Ora gli strappi si sono sostanziati nonostante quella scelta.
Nel contempo si sono prodotti nuovi eventi che necessitano di un'azione politica forte ed unitaria. C'è bisogno di una forte e progressiva unità per affrontare le domande che provengono dalla società.
- La straordinaria riuscita delle manifestazione della Fiom è allo stesso tempo una potenzialità ed una domanda. Quelle piazze hanno bisogno di una interlocuzione politica affinché il loro grido di lotta non venga lasciato nell'isolamento senza sbocco ed alla disperazione. Solo una sinistra forte e unita può rappresentare quelle istanze. Sinistra e libertà deve nascere con l'obiettivo di mettere insieme le forze della sinistra oggi divise in mille rivoli e soggettività, per costruire proposta politica e lotta e far irrompere il mondo del lavoro nel dibattito politico italiano.
- La bocciatura del lodo Alfano da parte della Corte Costituzionale ha fatto emergere una spinta poderosa del Governo atta a scardinare l'intero impianto Costituzionale. Riforma della giustizia, presidenzialismo, annullamento dell'autonomia della Consulta e asservimento del CSM all'esecutivo. Sono il combinato disposto di una manovra autoritaria che ridurrà ulteriormente spazi di democrazia e di libertà. Questo disegno non si contrasta di certo attaccando il Parlamento ed il Presidente della Repubblica come fa Di Pietro. C'è bisogno quindi di Sinistra e Libertà che sia l'enzima nella costruzione di un' ampia unità delle forze democratiche a difesa delle istituzioni Repubblicane.
- E' emerso in questi giorni un dato inquietante. Noto a chi segue i fatti di Mafia ma fino a qualche giorno fa ignorato dalla stragrande maggioranza degli italiani. La così detta seconda repubblica negli anni '90 è nata sulla base di un patto scellerato tra apparati dello Stato e la Mafia. Uomini dello Stato trattavano con Provenzano una tregua delle stragi mafiose, mentre altri uomini dello stato combattevano i poteri criminali e per questo furono lasciati soli al loro destino. Quel patto è ancora in vigore e inquina la vita sociale ed economica del paese e influenza le decisioni dei governi. Quel patto va rotto, ora, per costruire una nuova Italia. Per rompere l'accordo scellerato che aleggia sulle nostre istituzioni c'è bisogno dell'unità di tutte le forze antimafia presenti in entrambi gli schieramenti politici. Sinistra e libertà deve nascere anche per produrre una nuova stagione di lotta alla Mafia.
E' per questi tre livelli successivi di unità di cui ha bisogno l'Italia che diviene indispensabile ed urgente dar vita subito ad una nuova soggettività politica della Sinistra italiana.
Andrea Di Martino
portavoce provinciale MPS- Sinistra e Libertà – Napoli

articolo pubblicato oggi du Metropolis

A CASTELLAMMARE DI STABIA LA POLITICA NON E' TUTTA UGUALE
Castellammare è una città che amiamo e che vorremmo vedere non più martoriata dalla Camorra e dall’infima politica. Attenzione però a guardarla come un’isola. La nostra città è il mondo. Vive, si sviluppa e cambia così come il globo si è mutato.
Se la società è stata definita da Bauman “liquida”, quella della nostra città non è che parte di questa liquefazione dei grandi corpi sociali. Gli stabiesi sono cittadini soli e consumatori, come lo sono gli italiani e gli abitanti della parte occidentale del globo. Faccio questa premessa perché non vorrei che dalla crisi che stiamo attraversando si speri di uscire con il collo torto verso il passato. Invocando la Castellammare che fu, quella raccontata da Ferrarotti, e rievocata nei primi commenti che si sono susseguiti alla provocazione lanciata da Del Gaudio. Quel contesto sociale è irreplicabile, affidato ad un’altra era e alla storia.
Così come la Camorra che c’era allora e che pure si nutriva di collaborazioni con la politica e con i partiti non è lo stesso fenomeno dell’oggi. Oggi abbiamo una camorra meno oleografica ma più potente. Potente, perché ricca, straricca, alimentata da un flusso di denaro inimmaginabile, proveniente dallo spaccio della droga. Grandi flussi finanziari di provenienza illecita che scorrono nel mercato legale inquinandolo. Flussi che nessun altro attore economico e finanziario è in condizioni di gestire in così elevata entità. Tanto più in questo momento in cui la crisi economica finanziaria che sta attraversando il pianeta è al suo apice. Proprio ora quei denari sporchi circolano e alimentano l’economia in maniera quasi esclusiva e prepotente. Creando un legame indissolubile tra economia legale e illegale, corrodendo progressivamente così il futuro.
Questo è il punto. E’ inutile continuare a invocare Saviano ed eludere questo tema. Uno dei Killer di Tommasino dopo l’omicidio era fuggito in un casale in Toscana. Uno dei tanti a disposizione dei D’Alessandro sparsi in Italia e all’estero. E' solo un aspetto del grande potere economico dei clan. Che si affianca alle numerose attività sul mercato cosi detto pulito. Dal caffè all’edilizia, dalle distribuzioni casearie ai bar e alle pizzerie. Dalle imprese metalmeccaniche alle produzioni floricole. E’ un universo che costella un mercato sempre più permeabile alla connessione legalità- illegalità. Un fenomeno che Jaques Attali in un recente e visionario lavoro “Breve Storia del Futuro”, prevede a irreversibile espansione globale. Per invertire questa tendenza ci vorrebbe una grande Politica, quella con la P maiuscola appunto. Che sappia avere pensiero lungo, non essere sottoposta all’economia e alla criminalità. Una politica che analizzi e crei alterità di prospettiva e visione rispetto al pensiero dominante. Così non è per larghi aspetti.
In questi anni un po’ le leggi elettorali, che hanno fortemente personalizzato il consenso, lo svuotamento dei poteri delle assemblee elettive a tutti i livelli e i tagli sempre più cospicui alla spesa pubblica per i servizi essenziali, hanno ridotto il governo dei territori a un’ordinaria amministrazione di situazioni difficili e nel sud dell’Italia drammatiche, senza strumenti e poteri per intervenire alla radice dei problemi per cambiarli. Questo combinato disposto ha fatto emergere negli anni un ceto politico di bassa caratura. Affezionato unicamente al consenso per il consenso. Senza che questo si misurasse sulla capacità di produrre pensiero e idee. Il voto è divenuto il suo unico metro di giudizio nel paese e all’interno di ciò che resta o tentano di diventare i partiti politici. Questo fenomeno è un portone al sud per le mafie e la Camorra. E’ in quest’ambiente che sono maturate le file di uomini e donne a Corso Vittorio Emanuele nel settembre del 2008 per tesserarsi al PD, e tra quegli uomini e quelle donne a fare la fila c’era anche quel Catello Romano (e speriamo lui solo) che poi qualche mese dopo partecipò all’agguato in cui morì Gino Tommasino. E' nello stesso brodo di coltura che stanno in questi giorni nascendo liste e movimenti civici che si preparano alla prossima tornata elettorale con una voglia di rivalsa su quest’amministrazione che, nonostante la difficile situazione in cui si è mossa, ha dimostrato forza, autorevolezza, capacità di elaborazione e d’intervento sulla realtà concreta tentando di trasformarla e segnandone un futuro non assuefatto al peggio. 
Caro Direttore, non è vero che tutti siamo uguali. C’è a Castellammare chi in questi anni si è arreso a queste modalità e chi le ha combattute, pagando prezzi, isolamenti e soffrendo di fronte alla mediocrità senza idea che assaltava le istituzioni locali. Chi si è impegnato costantemente nel contrasto alle camorre e chi ha preferito conviverci o peggio farci accordi. Certo c’è sempre da fare di più e su questo concordo. E quindi se sono solo tre i beni confiscati alla camorra e destinati a scopi sociali negli ultimi cinque anni, sono certamente ancora pochi. Bisogna che lo Stato sia ancora più incisivo sui patrimoni illegali e il Comune pronto ad utilizzarli per la collettività. Se tanti di noi hanno cercato di amministrare e fare politica con sobrietà e rispetto per la cosa pubblica e le istituzioni repubblicane forse lo hanno fatto in eccessivo silenzio. Bisogna in una società dell’ informazione rendere più “clamorosa” la propria disciplinata normalità. Su questo sono pronto a riflettere.
Che siamo tutti uguali, proprio no! Non mi sento uguale a chi ha avuto contatti con i D’Alessandro, i Cesarano ed i Procida per costruire consenso. Non mi sento uguale a chi ha usato la fiducia dei cittadini per fare i propri comodi. Non mi sento uguale a chi ha messo in fila uomini e donne per una tessera e o un colloquio come se fossero un parco buoi.   Io mi sento solidale con quella parte che ama Castellammare, che agisce privatamente e politicamente non per il bene proprio ma per l’interesse collettivo. Per fortuna questa città esiste ancora ed è nei luoghi di lavoro, nelle scuole, dove tra mille tagli e difficoltà si cerca di trasmettere un sapere di democrazia e legalità, è nei gruppi parrocchiali che cercano di aiutare i bambini dei quartieri difficili, è nelle associazioni che promuovono solidarietà e accoglienza, è tra gli imprenditori che rifuggono dai facili guadagni e resistono allo strozzo dei mafiosi ed è presente anche in questa amministrazione e nel suo consiglio sia tra le fila della maggioranza che dell’opposizione e se c’è bisogno che arrivi una commissione a secernere il grano dall’oglio, che sia! Perché è solo dalla parte sana della struttura sociale che bisogna ripartire per costruire il cambiamento, mettendo ai margini la piccola politica e sconfiggendo la Camorra. 
Andrea Di Martino
Coordinatore Provinciale MPS – Sinistra e Libertà


 palinuro 022Andrea Di Martino da circa due settimana la bufera politica ha investito il Pd stabiese. Domenica, intanto, si tengono le primarie: secondo lei è giusto farle?
Rispondo per rispetto ad un'altra forza politica dicendo cosa avrei fatto io. Domenica mattina avrei convocato una assemblea ampia di popolo con le forze sane della città, avviando una riflessione profonda su cosa è accaduto. Io che sono da sempre un grande fautore dello strumento delle primarie stavolta, almeno a Castellammare, avrei promosso un altro percorso. In questo momento senza rispondere a tre domande fondamentali non c'è un terreno praticabile di agibilità democratica. E le tre domande sono: chi ha iscritto quegli oscuri personaggi al PD. Perché lo ha fatto. Quale prospettiva strategica conteneva quel gesto aberrante. Tutto ciò non è avvenuto e mi sembra un'occasione persa. Il Pd invece ha scelto di fare le primarie, auguri! Mi è parsa una scelta di autosufficienza in un momento di grave difficoltà.
Secondo lei è stato portato avanti nel Pd e nel centrosinistra un giusto e franco dibattito su quello che è accaduto e sui motivi?
Evidentemente ancora no. La lotta alla Camorra non è una clava da agitare contro l'avversario politico. Mi sembra che ancora in queste ore quella clava vien fatta roteare pesantemente. Mi sembra questa la stessa logica della pura forza che mette da parte le idee e misura l'agire politico solo su chi ha più voti o più tessere. Se a questo si riduce la politica non è difficile trovare il pierino di turno che va a fare lo scellerato patto pur di prevalere. Questo ridicolo balletto, cominciato da Annapaola Mormone, su chi aveva prima degli altri denunciato le infiltrazioni è stucchevole. I fatti sono che mentre i dirigenti del PD si consumavano in una incomprensibile lotta per l'egemonia, qualcuno apriva la porta di quel partito alla camorra. Io francamente mi sarei aspettato una reazione diversa. Fatto questo tragico errore, metto insieme le forze sane di quel partito, e forze sane per fortuna ci sono, cito solo Nicola Corrado e Nicola Cuomo per riferirmi a quanti ogni giorno mettono a disposizione il loro tempo e la loro passione, per cambiare davvero.
Sinistra e Libertà come si comporteranno nei confronti delle primarie?
Sono primarie tra gli elettori del Pd e quindi le guarderemo. Non sono primarie del Centrosinistra dove si potrebbe partecipare.
Come vi comporterete col Partito Democratico da qui alla fine della consiliatura?
Osserveremo con attenzione ed interesse il dibattito interno. Augurandoci che sia un dibattito vero, profondo e autocritico. Se il Pd vorrà un contributo Sinistra e Libertà ci sarà. Anzi ritengo che il sindaco vozza non possa essere lasciato solo nell'azione di contrasto dei poteri criminali, quindi questo lavoro serve alla costruzione di una rete democratica per il rilancio del centrosinistra di oggi e la costruzione di quello futuro.Il tentativo della Camorra di influenzare le scelte dei partiti politici a Castellammare è sempre dietro l'angolo. Oggi ha riguardato il PD ma potrebbe riguardare, allo stesso modo, le forze del Centrodestra e dico con sincerità potrebbe riguardare anche noi. Per cui rispetto ad una riflessione vera “I Care” mi riguarda. Io stesso in questi anni di direzione politica mi sono trovato a dover azzerare gruppi consiliari, a rifiutare candidature e voti. Questo ha penalizzato la mia forza sul piano elettorale ma penso che l'abbia arricchita sul piano politico. Mi auguro, ovviamente, di non aver commesso errori, perché su questo terreno si può anche inconsapevolmente sbagliare. L'importante è saper reagire con fermezza. La fermezza in questo caso impone scendere nelle viscere del problema e non fermarsi alla sua superficie. Perché se questa vicenda viene trattata come polvere da nascondere sotto il tappeto, il PD stabiese diventerebbe un interlocutore inaffidabile.
E nei confronti del centrosinistra alla vigilia di un importante appuntamento elettorale?
Con il rispetto per il travaglio di una forza alleata, diamo il tempo dovuto al neocommissario del Pd di fare una rapida riflessione sul percorso. Persico è un dirigente di esperienza che sa bene la gravità di quanto è accaduto. Se ha bisogno di un tempo di riflessione lungo, Sinistra e Libertà chiederà a IDV di assumere una prima iniziativa politica insieme, convocando le forze sane ad una riflessione sul futuro di questa città.
Qual è l’analisi che lei fa di tutta questa vicenda?
La lotta alla camorra, parafrasando un classico, non è un pranzo di gala. In città, come la nostra, le forze criminali hanno risorse ed interessi che cercano di far prevalere. Il contrasto a queste forze va fatto con coraggio ed impegno certo non chiudendosi in casa o scappando ai propri doveri. E' per questo che non condivido la scelta di chi si è dimesso. Torno a ripetere, in questi anni abbiamo colpevolmente tollerato l'eccessivo peso di piccoli figuri che concepiscono la politica come un mezzo attraverso il quale risolvere i propri problemi personali. Questo è il cuore della questione morale a Castellammare come nel paese. La destra non si faccia illusioni su questo non ha lezioni da impartire. Facciamo però attenzione a non fare di tutta l'erba un fascio. Castellammare ha risorse politiche e sociali di alto livello da cui si deve ripartire per costruire il cambiamento.
Secondo lei cosa dovrebbe fare in queste settimane il sindaco Vozza?
L'amministrazione Vozza ha compiuto in questo difficile clima un lavoro straordinario. Sarebbe un vero delitto se dovesse pagare lo scotto di questa vicenda pessima. Oramai siamo allo scorcio della consiliatura a marzo si vota e va evitato che in quel voto prevalgano e vincano le forze oscure che si sono mosse in questi anni nell'ombra. Ha ragione Vozza a chiedere l'invio della commissione d'accesso che separi con nettezza il grano dall'oglio.
Vincenzo Lamberti



Cari Marcello, Arturo e Angelo, ho letto con sorpresa e preoccupazione un vostro comunicato in cui dite “no” alle primarie in Campania. Si tratta a mio avviso di un tragico errore politico. La situazione in Campania è oramai ad un punto tale che nessuna alchimia politicista, nessun caminetto di potenti, o presunti tali, può produrre soluzioni adeguate. La crisi è stata ed è profonda e ad ha investito i gruppi dirigenti del centrosinistra. C’è un solo mezzo per aprire una nuova fase, una vera rigenerazione di progetto: Ridare la parola al nostro popolo. Le primarie sono uno strumento indispensabile, guai a noi se pensassimo di poter solo assistere ad un processo democratico che si svolgerebbe nonostante noi. Solo un anno fa facemmo la stessa riflessione e decidemmo di partecipare, non vincemmo, ma gli undicimila voti raccolti da Vozza furono il primo seme di una alterità che fu premiata nella campagna elettorale con il consenso di 58.000 napoletani. Perchè le valutazioni che facemmo allora oggi non valgono più? C’è stata una schiarita nella tempesta Campana che ci permetterebbe di far sedere intorno ad un tavolo dirigenti più autorevoli e rappresentativi di migliaia di uomini e donne che votano? Non credo. Credo piuttosto che dopo l’evento di domenica e la straordinaria vittoria di Vendola alle primarie, sia non rinunciabile per noi chiedere ai Campani di poter decidere il proprio destino. E’ questo che il nostro popolo si aspetta da noi, scelte diverse apparirebbero distoniche e non comprensibili. Mi auguro che possiate ripensiate la vostra posizione che porterebbe SEL ad un isolamento non dalle forze politiche ma dal suo elettorato. Andrea Di Martino 
FINCANTIERI: VIVIAMO QUESTI GIORNI CON GRANDE PREOCCUPAZIONE 


L'esito dell'incontro tenutosi al Ministero dello sviluppo economico sulla vertenza Fincantieri ci preoccupa.
Allo stato non vi è il rispetto degli impegni assunti nei mesi scorsi, e la mancata assegnazione delle commesse rende incerto il rientro in produzione dei lavoratori dell'azienda dalla Cassa integrazione.
Sarà indispensabile unire tutte le forze per far si che il governo venga all'incontro di fine mese con fatti concreti e non con impegni aleatori. Ci auguriamo che anche la nuova amministrazione comunale sappia costruire il clima di unità affinché la vertenza abbia questo primo risultato.
La strada che bisogna praticare per garantire un futuro certo allo stabilimento stabiese è ancora lunga.
Bisogna concretizzare l'investimento per il Bacino di carenaggio  e garantire  un numero di commesse sufficiente a consentire la piena occupazione della fabbrica e delle ditte dell'indotto.
Non servono polemiche contro il sindacato né chiacchiere a vuoto, per concretizzare questi obiettivi.
Serve la massima coesione possibile affinché il governo porti fatti concreti nel rispetto degli impegni assunti.
Sinistra e libertà è pronta a fare la sua parte al fianco dei lavoratori e delle rappresentanze sindacali.

  



Ho visto Nichi da Fazio ieri sera, ho ricevuto mail, telefonate, apprezzamenti, interesse e voglia di partecipare. A tutti avrei voluto dire:” venite domani, c’è l’assemblea di SEL. Partecipate ascoltate vedete con i vostri occhi come è fatta questa comunità che vuole reagire”. Mi son fermato ed ho pensato che non è il caso di invitarli. Non voglio deluderli, far loro toccare con mano una realtà che è diversa da come la immaginano. Quanto sarà distonico il dibattito di domani sera con i sogni evocati ieri! I compagni mi telefonano per raccontarmi i contrasti sui territori. Contrasti basati sul nulla, se non sulla voglia squisita ed unica di primeggiare. Un maschile esercizio della forza che non prevede altra soluzione che lo scontro. Ho letto i documenti che si annunciano: scialbi, senza nessuna ricerca di connessione tra mezzi e fini. Chi ha imposto le liste deboli tenendo in ostaggio il progetto, oggi critica le liste. Chi si è arrogato il compito di guidare la campagna elettorale, critica il vuoto di iniziativa politica. I signori delle tessere criticano il tesseramento on line. Tutti criticano un gruppo dirigente che non si è voluto costruire e per invocare lo scioglimento dei gruppi di appartenenza si organizzano riunioni di corrente. Un vero e proprio pandemonio. Come faremo a ricominciare? Ho visto già questa approssimazione di dibattito, la ricerca della strada breve della semplificazione per la conquista del potere nel partito. Avvenne a Rifondazione dopo la disfatta delle politiche. Quella storia ha avuto l’esito che conosciamo e quel partito oggi è in dissoluzione. Non riusciamo mai a discutere di perché perdiamo. Perché i ragazzi di Fincantieri e di Pomigliano hanno votato per la destra. Perché i territori, a cui diciamo di dover tornare, emanano tanto odio. Il campo è “inaridito” e la vanga per dissodarlo non desideriamo imbracciarla. La voglia di combattere un’arida battaglia mi manca, ma il mio essere “patriota della specie umana” mi impedisce di lasciare il campo. Sarà possibile fermare questo ennesimo suicidio?
Andrea Di Martino 


- palinuro 022Il centrosinsitra in questi ultimi anni in Campania ha collezionato una magnifica serie di sconfitte catastrofiche. Prima le province, poi la regione e contemporaneamente una serie di comuni particolarmente simbolici come Castellammare di Stabia e Pomigliano d'Arco sono caduti nelle mani del Centrodestra. Contemporanemente lo stesso centrodestra, che sembrava avere il vento nelle vele, entra in crisi a Pozzuoli, provocando lo sciogliemento del consiglio comunale e inceppa il suo meccanismo di governo nella formazione delle giunte e nell'azione amministrativa. La regione Campania è ancora senza esecutivo, la provincia di Napoli amministrativamente ferma, il segno distintivo di cronaca diviene l'inserimento nelle giunte di ciò che resta ancora non collocato del fenomeno delle Papi girl.
Il prossimo anno si vota a Napoli e quest'appuntamento diviene un elemento di verifica importante di quanto sia consolidato il blocco sociale che in Campania sostiene il centrodestra. I risultati elettorali ed il distacco tra le due coalizioni nel capoluogo è stato sempre minimo e in ogni caso ribaltabile.
Ora sta alle forze di centrosinistra costruire una proposta in grado di offrire una missione partecipata e condivisa per il governo della metropoli che permetta una inversione di tendenza.
Il primo punto su cui lavorare è la partecipazione ed il recupero di una larga fetta di astensionismo che in questi ultmi anni ha scelto di non partecipare al voto.
In secondo luogo si deve promuovere lla costruzi
one di una ampia unità, che ricostruisca un'allenza tra ceti diversi e che rifugga ogni forma di giacobinismo. Scappando dal moralismo senza morale e dal giustizialismo senza giustizia.La nuova coalizione per Napoli deve guardare al futuro componendo un quadro di speranza per le giovani generazioni napoletane.
Le prime azioni di questo lavoro che si dovrebbe fare ci consegnano qualche elemento di preoccupazione. Si avverte un fastidio da parte delle segreterie di partito verso ogni iniziativa autonoma che vuole contribuire ad offrire il proprio tassello a questo progetto. La pretesa, deduco è sempre quella nota, la presunzione di essere portatori di una saggezza superiore atta ad offrire la migliore soluzione possibile. Di questa superiore saggezza è lastricata la strada delle nostre sconfitte! Per "tornare a vincere" la sinstra ha bisogno di partecipazione e di una nuova legittimazione democratica dal basso che solo le primarie possono determinare. E' questo il tempo della chiarezza, si dica che il prossimo candidato a sindaco di Napoli sarà colui o colei che vincerà le primarie. Si stabilisca subito quando e con che regole si chiameranno gli elettori di centrosinistra ad esprimersi e si dia vita sin da subito alla elaborazione delle proposte programmatiche da offrire alla città. Costruiamo una speranza di cambiamento per Napoli e non le chiacchiere di un ceto politico che pensa solo ai propri destini. Coraggio e sapienza serve. Il 21 maggio Vendola e un gruppo di giovani napoletani si incontreranno a Città della Scienza per iniziare questo cammino. Chiederanno Futuro e Primarie.
Andrea Di Martino
 



La porta era sbarrata, irreversibilmente. La voce dei lavoratori le rimbalzava contro inascoltata. Non uno che si degnava di spiegare, di fissare un incontro, non uno. Francesco ed i lavoratori di Fincantieri di Castellammare di Stabia, volevano solo capire che fine avessero fatto quei fondi che servivano a finanziare lo studio di fattibilità per la costruzione del bacino nel loro antico stabilimento.  Scoprire dove erano i due pattugliatori che dovevano far fronte momentaneamente alla crisi di commesse.
Eppure solo qualche mese fa la Regione, per il bacino, ed il Governo, per le commesse, avevano fornito rassicurazioni e prodotto atti. Poi la nuova giunta di Centrodestra in estate aveva congelato i fondi per gli investimenti e le commesse del Governo tardavano a concretizzarsi. Allo stupore dell'essere inascoltati, ben presto si sostituisce il dolore e la rabbia dei manganelli dei Carabinieri, che affrontano quei corpi sbandati e li spazzano via come un fastidioso rumore. Così Francesco ed i suoi compagni entrano progressivamente nella dura verità, il giornale illustra il piano industriale e la loro fabbrica è destinata a chiudere insieme a quella di Riva Trigoso.
Lo smarrimento assale, si torna a casa, si blocca la fabbrica e non resta altro che lottare. Ho visto improvvisamente, due lavoratori arrampicarsi a quella ripida scala, ed uno di loro era proprio Francesco. Sono saliti su quella gru alta 50 o forse più metri, con il vento che a quell'altezza vicino al mare spira forte. Hanno affidato la loro rabbia ad una frase: “il cantiere non si tocca lo difendiamo con la lotta” e hanno deciso di restare lì nel cielo, sospesi come “comici spaventati guerrieri”. Sperando che da quell'altezza, quelle porte che fino ad ora erano rimaste chiuse, quelle orecchie che non avevano voluto ascoltare, potessero accogliere il loro urlo. Ed io lì 50 metri più in basso insieme ai loro compagni, avevo ancora sulla pelle il livido del manganello, li guardavo  e avrei voluto appartenere ad un popolo inquieto pronto a radunarsi lì per lottare e sognare. Per non trovare più porte sbarrate.


  palinuro 022
Svolgiamo questo nostro congresso fondativo,  mentre il pianeta attraversa il tempo della Barbarie, della schiavitù e della violenza.

Lo ricordava Peppe, giovedì scorso, nella relazione.

La guerra, questa lunga e oramai inconcepibile permanenza in Afganistan, con il carico di morti che porta con se. Quei morti che in Italia ci consegnano l’amaro destino dei giovani del sud che, senza lavoro, cercano nell’esercito una fuga e lì trovano violenza e morte.
La stessa violenza che hanno sentito sulla propria pelle i giovani migranti che hanno tentato pochi giorni fa di evadere dal CPT di Cagliari. Quel gruppo di uomini e donne ha tentato di invadere le nostre coscienze. Ma quella notizia è stata ben presto sopraffatta, così come sopraffatti sono stati quei poveri ed afoni ribelli.

Ma la violenza segna i nostri tempi più ordinari, dalla fila per il biglietto dell’autobus dove si può morire per un pugno, scagliato sulla contesa per 1 minuto,  alla violenza che profonde ogni giorno dal traffico urbano.

Neanche le mura domestiche sono un rifugio. Capita alle donne quotidianamente, al loro corpo, essere maltrattate abusate da chi le dovrebbe solo amare. Ed è capitato alla piccola e dolce Sarah incontrare la morte in un lurido box, ammazzata e poi violentata per mano di chi pensava fosse a lei vicina.

Per non parlare di quanto avviene nello sport ogni domenica, fino alle destabilizzanti manifestazioni di odio e nazionalismo ad opera dei Serbi che hanno impedito persino la partita della nazionale. E quanto terrore e paura abbiamo provato a guardare quelle immagini!

La sopraffazione ed il pestaggio in questi ultimi mesi rischiano di diventare l’unica risposta che lo Stato sa offrire a chi protesta perché subisce gli effetti di questa lunga ed ineguale crisi economica.

Questo mondo così malato ha bisogno di essere sovvertito prima che diventi un invivibile inferno.

Facendo nascere oggi sinistra ecologia e libertà noi piantiamo solo un piccolo seme, per curare questo mondo malato siamo troppo piccoli, abbiamo bisogno di incontrare tanti e tante altre ancora in questo paese ed in questo pianeta per poter cambiare.
Ma per cambiare c’è bisogno di inquietudine e di solcare sentieri nuovi, diversi, alternativi.

Nel nostro Manifesto è scritto che SEL assume la nonviolenza come pratica del nostro agire politico.

Riflettiamola bene quella frase prima di sottoscriverla! Perché la nonviolenza è effettivamente l’unico antidoto a questa barbarie che stiamo vivendo.

Ma essa è anche una impegnativa difficile e gelosa compagna di lotta.

La nonviolenza ci chiama a far coincidere perfettamente il fine con i mezzi che usiamo per raggiungerlo, ci esorta a cambiare le nostre pratiche, a curare il nostro linguaggio a coltivare la gentilezza. Francesco io al concetto di moderatismo da te usato preferirei appunto questo: la gentilezza. Abbiamo il dovere di sovvertire quanto scrisse Brecht.
Noi sinistra del nuovo millennio “Perseguiamo la gentilezza e dobbiamo essere gentili”.

Dobbiamo ancora molto lavorare su noi stessi, sulle nostre pratiche, sul nostro stare insieme per poter essere un soggetto all’altezza del compito che oggi ci assegniamo.
Noi nasciamo nella consapevolezza del limite, sapendo che i mali di questo paese e di questo pianeta bisognano di una nuova forza di cambiamento milioni di volte più grande della nostra attuale consistenza.
E non è invocando mille volte il termine partito semmai anche con la P maiuscola, non è con un abracadabra organizzativista o con un basismo di ritorno che si risolve questo tema.
Dobbiamo metterci in cammino in cerca di nuovi e tanti compagni di viaggio, spinti come noi dal principio speranza, e sempre pronti a rimettere in discussione noi stessi, per trovare nuove e più adeguate forme di aggregazione necessarie al cambiamento.

Quello che oggi mettiamo su è un soggetto politico che dovrà aiutarci ad incontrare i bisogni di questa società in sofferenza. Lo sottolineava con grande sensibilità Alessandra nel suo intervento giovedì. A far sentire meno solo chi lotta. I precari, il mondo della scuola, e soprattutto qui a sud, i lavoratori. Lavoratori che a Pomigliano stanno combattendo contro quel modello Fiat che non è solo un modello produttivo che vuole negare diritti e dignità. Quel modello rischia di diventare un nuovo assetto sociale.

La parte più innovativa e quella più terribile del piano Fiat è la ridefinizione dei tempi di lavorazione. Con quel modello l’uomo la donna che stanno alla catena non usufruiscono più della tecnologia per alleviare il proprio sforzo. Nel modello Fiat il lavoratore alla catena diviene esso stesso subordinato ai tempi e alle funzioni della macchina, altro che liberazione, l’umano così si meccanicizza, si riduce a null’altro che un ingranaggio della catena.
Si materializza insomma la profezia terribile contenuta in “Tempi Moderni” di Chaplin.

Per bloccare gli intendimenti Fiat, per rimettere il confronto su binari più ragionevoli e paritari ci
vorrebbe un Governo in grado di svolgere in modo equilibrato il suo ruolo.

Ma in Italia un governo all’altezza non c’è. Questo governo non riesce neanche a rispettare impegni assunti a dicembre per impedire la chiusura di alcuni cantieri del gruppo Fincantieri. Per queste ragioni i lavoratori di Castellammare sono in agitazione per questo sono stati costretti ad arrampicarsi su una gru per trovare ascolto. Ma da quella parte si parla d’altro. Per non parlare del nuovo governo Regionale di Caldoro. Appena insediato, perché si era sforato il patto di stabilità, ha bloccato la spesa mettendo questa Regione in ginocchio.

Ma io mi chiedo la Regione Lazio non aveva anche essa sforato il Patto e perché allora la Polverini continua a spendere e noi siamo ostaggio di Tremonti che sta accumulando risorse per finanziare il fondo perequativo del federalismo fiscale? Qui il tempo che passa fa danni. Ed in Campania i danni di solito provocano disastri.

La Campania è terra di Camorra e come bene sottolineava Rosa Russo Jervolino la Camorra qui ora è nel governo. E le indagini che si susseguono in questi mesi ce la mostrano sempre più forte violenta e pervasiva del corpo sociale.

Allora bisogna fare presto. Attrezzarci per arrestare questa deriva.

Nella prossima primavera, riconquistare Napoli può rappresentare un nuovo inizio di liberazione per questa terra.

Per fare bene bisogna smettere di avere il collo torto all’indietro.
Guardare avanti, mirare al futuro e ricostruire un nuovo patto attraverso primarie vere, di leadership e di programma. Con un candidato o una candidata che rappresentino quella parte di società napoletana senza ascolto. Salvatore Esposito proponeva Luigi Mascigli Migliorini, bene un’ottima figura. Discutiamo vediamo se vi sono altre proposte.  Il nostro candidato non deve rappresentare SEL, deve  rappresenta la Napoli che non ha voce, le mille sofferenze del suo ventre, ma anche la città che produce in silenzio e nelle difficoltà, come i 20.000 giovani napoletani che qui lavorano nel campo delle nuove tecnologie.
A quei giovani e a quelle imprese dobbiamo offrire la possibilità di realizzare una Sylicon Valley napoletana. Perché il piano regolatore di Napoli che è una grande conquista per la città, per il dispiacere di Francesco Forte non consente di mettere le mani sulla città, ma per il piacere di chi vuole investire seriamente offre mille occasioni e il distretto per le nuove tecnologie dovrà essere l’occasione per il futuro.

Dobbiamo quindi restituire Napoli a chi la ama davvero. C’era uno slogan dei giovani comunisti che faceva più a meno così “le strade sono di chi ama”.
Francesco prima di me ci chiedeva di poter sognare insieme a questa comunità di uomini e donne. Rompiamo allora la sindrome di Crono che tiene prigioniero il nostro futuro e mettiamoci in cammino per restituire a chi sa amare le nostre città, perché chi sa amare, sa non aver paura e sa sognare.  

  




Scritto da ilvelino.it   
Sabato 04 Dicembre 2010 09:
Napoli, 3 dic (Il Velino/Il Velino Campania) - Un appello alla parte non autoreferenziale del Pd napoletano, per contribuire a soffiare il vento che spira dalla Puglia. Andrea Di Martino, tra i massimi esponenti campani dei vendoliani, disegna il percorso che porta alle primarie per il sindaco di Napoli forti che “di questi anni di governo locale c'è moltissimo da salvare”.

Di Martino, è stato eletto nella presidenza nazionale di Sel: quali saranno le proposte dalla Campania per contribuire al progetto di Vendola?

Per me è stato il riconoscimento ad un lavoro fatto in due anni di estrema difficoltà, durante i quali abbiamo attraversato il deserto. Non tutti erano convinti che avremmo fondato un nuovo soggetto politico che si ponesse l'obiettivo della rigenerazione del centrosinistra. Molti sono stati i momenti in cui si è stati vicini al dire "io mollo". Prima il mancato superamento dello sbarramento alle europee, poi l'abbandono del progetto da parte dei socialisti, il sostegno a De Luca, senza passare per le primarie, alle ultime elezioni regionali e infine l'elezione di due consiglieri regionali che un secondo dopo ci hanno salutato: sono state prove che potevano sfiancare chiunque.

Sembrava la fine della sinistra.
Noi abbiamo tenacemente creduto nel progetto di dare vita ad una nuova soggettività politca, guidata dalla vera novità della politica italiana: Nichi Vendola. L'ingresso nella presidenza nazionale del partito, al suo fianco, è per me motivo di soddisfazione: insieme agli altri compagni della Campania contribuiremo a far avanzare il progetto e a donare un nuovo sogno a tutto il popolo del centrosinistra.

Libero Mancuso può vincere le primarie sul modello Pisapìa a Milano?
Quella di Mancuso è una splendita candidatura che può essere messa a disposizione della città e del centrosinistra, per sconfiggere la destra impresentabile che governa Regione e Provincia. Se Mancuso raccoglierà positivamente l'appello che, in queste ore numerosi cittadini e cittadine, gli stanno rivolgendo, Sel dovrà raccogliere questa domanda e sostenerlo nelle primarie, unitamente alle altre forze della sinistra. Ritengo che lo stesso debbano fare quegli elettori, dirigenti e militanti del Pd che non vogliono rassegnarsi alla logica di una politica che sa guardare solo al proprio ombellico. Nel Pd ci sono risorse ancora vive, con cui possiamo portare alla vittoria di Mancuso prima alle primarie e poi eleggerlo sindaco di Napoli.

Questi 20 anni di sinistra al governo locale che risultati ha prodotto in termini di sviluppo e diritti sociali?
In questi anni Napoli è andata avanti, poi il fallimento dei rifiuti ha sommerso tutto. A Napoli l'acqua è pubblica, c'è il più democratico e partecipato Piano Regolatore generale tra le tre grandi Metropoli, che impedisce ogni intervento speculativo. Le politiche sociali sono state una politica di sviluppo e non la cenerentola della giunta. Ventimila giovani hanno trovato impiego nel mondo delle nuove tecnologie e delle comunicazioni, 2mila aziende lavorano in questo campo e noi dobbiamo puntare a farle raddoppiare nei prossimi 5 anni creando due Sylicon valley una nella zona est e un'altra a Bagnoli. Poi ci sono stati gli errori, molteplici e a volte gravi. Su quelli bisognerà avere un cambio radicale di rotta. Ma, anche a costo di andare in controtendenza rispetto ai tanti che oggi si scoprono pronti alla facile critica, la qualità umana politica e morale del sindaco Iervolino è stata ed è indiscutibile.



replica ad articolo di A. Fabozzi sul Manifesto di oggi
Libero Mancuso è una ottima candidatura, ma non è la candidatura di Sinistra ecologia e libertà.
Centinaia di uomini e donne della città che partecipa e che vuole essere protagonista del cambiamento, stanno chiedendo che l’ex magistrato si renda disponibile a concorrere per le primarie.
Libero è napoletano, è stato pretore a Barra e da lì, da quel quartiere così complesso e difficile della metropoli partenopea, è partito il suo impegno civile.
Barra oggi è l’emblema della condizione della città. E’ attraversata dalle sue contraddizioni, da ex quartiere operaio a quartiere della dismissione. Barra confina e si mescola con Ponticelli, la zona dove solo due anni fa ardevano i roghi dei campi rom appiccati dalla camorra locale.
Siamo stati tutti scossi da quei roghi, che si intrecciavano a quelli dei cumuli dei rifiuti per strada.  Con quei fuochi ha rischiato di incendiarsi la storia positiva della città, il suo tessuto partecipativo, la rete di solidarietà.
Eppure Napoli come scrive Fabozzi non è solo quei roghi.
Napoli è acqua pubblica. Napoli è la Metropoli del Piano Regolatore di De Lucia. Napoli è la città, che al tempo della Lega, riconosce i diritti ai migranti.
Ed è questa la città che oggi non vuole dichiararsi sconfitta innanzi alla avanzata di una destra che qui è incarnata nei volti di Cosentino e Cesaro.
In questi mesi il Partito Democratico è sembrato più attento alle ricerche speleologiche nel proprio ombelico che a ricercare una connessione con quella parte della città mortificata, affranta e sommersa dai cumuli dei rifiuti. Sotto ai cumuli dei sacchetti si è rischiato di seppellire anche le speranza di cambiare Napoli.
Ora c’è chi vuole reagire ed ha abbracciato Libero Mancuso come un amico fraterno che,  fuori dalla sua città ha consumato esperienze politiche importanti e gli chiede di ritornare per riaccendere la speranza. Le primarie servono a formare un percorso collettivo di partecipazione al cambiamento, per continuare nelle conquiste democratiche ed essere radicali censori di tutti gli errori,  a volte anche gravi, commessi in questi anni.  Le primarie non devono essere la bandierina che ogni singola forza vuol piantare nello sfascio della politica politicante. E’ stato questo il vero motivo della vittoria prima in Puglia e poi a Milano. Vendola e Pisapia non sono una bandierina di sel, rappresentano un progetto collettivo di trasformazione, riaccendono la speranza, mutano profondamente il modo di essere del campo delle forze del centrosinistra.
A Napoli in questi giorni sta spirando lo stesso vento che spira nel paese. Il vento di una società che vuole rialzare la testa e liberarsi da questa destra, questa ansia si coniuga nel mezzogiorno con il rifiuto di darla vinta alle mafie e alle camorre. Centinai di napoletani stanno chiedendo ad un napoletano che ha difeso la Costituzione italiana, la democrazia e che si è cimentato con il governo di Bologna, di ritornare e di mettersi a disposizione della sua città. Se la sua risposta sarà positiva Sinistra ecologia e libertà farà quello che ogni forza politica di buon senso dovrebbe fare: mettersi in cammino.  
 




Domenica a Napoli si vota per cambiare. Per cambiare davvero sarà fondamentale che Mancuso vinca. Questi giorni di campagna elettorale per le primarie sono stati un lungo e progressivo attraversamento della società napoletana. Una città che ha visto progressivamente affievolire il proprio orgoglio, sommerso dai cumuli di rifiuti senza fine e senza soluzione. La Napoli che ha assistito attonita al dissolversi della propria indole solidale andata in fumo con i roghi ardenti di Ponticelli. A questi uomini e a queste donne sono state somministrate, negli ultimi tempi, parole vuote, falsi sogni, promesse mancate.  Il centrodestra che si era proposto come il nuovo, ha iniziato a mostrare il suo vero volto, fatto d’incapacità e subalternità ai voleri del sovrano Tremonti, aggravando la già difficile situazione economica. L’altro volto del centrodestra è stato quello che in questi giorni la Cassazione ha definito “ad alta pericolosità sociale”, il volto di Cosentino e dei suoi pericolosi rapporti con la Camorra, del cancro che soffoca Napoli. Ai mille errori commessi dal centrosinistra negli ultimi anni, si è sostituito lo sfascio. Si sono smantellate grandi esperienze culturali. Si è disinvestito sulle politiche sociali. Sono rimasti abbandonati i lavoratori espulsi dai processi produttivi e si è preferito rincorrere l’ideologia del modello Marchionne. C’è chi non vuole arrendersi e non abbassa la testa. Questi uomini e queste donne hanno trovato in questi gironi e  sabato all’Augusteo con  Nichi Vendola e Libero Mancuso, la possibilità di una nuova speranza. Oggi c’è l’opportunità di non farsi più ingannare, di non inseguire più parole vuote come discontinuità, dietro la quale si sono celati sconfitte e disastri. Questo è il tempo del cambiamento, è un tempo in cui la Napoli migliore deve ritornare protagonista, invadendo il campo. A nostra disposizione c’è uno strumento, le primarie, che ci ridanno la parola a Napoli e nel paese.  Quest’opportunità va praticata indicando Libero Mancuso candidato sindaco del Centrosinsitra. Per cambiare davvero. Per sconfiggere la bruttezza della Camorra e del malgoverno e far vincere la Napoli migliore. Facciamolo domenica e prepariamoci a farlo nel Paese con Nichi Vendola.
Andrea Di Martino



 articolo pubblicato oggi sul quotidiano Metropolis

 palinuro 022
E’ un tempo, quello presente, in cui i Comuni italiani sono in grave affanno nel far fronte ai propri obblighi istituzionali. I fondi che in questi anni sono stati destinati agli enti locali, da parte dei vari governi, sono diminuiti progressivamente. Il federalismo fiscale prossimo venturo (che speriamo non ci sarà) aggraverà questa situazione.

Ciò avviene in un momento di grave crisi economica, che oramai da anni sta devastando l’equilibrio sociale. La crisi di Castellammare è fatta anche di questo.

Un’amministrazione locale, in casi come questi, dovrebbe concentrare le poche risorse disponibili unicamente ad alleviare il disagio, la difficoltà, dei propri cittadini. Non mi sembra che la giunta di centrodestra guidata da Luigi Bobbio stia lavorando in questa direzione.
Lo voglio dire con pacatezza, pur sapendo che la replica, come la cronaca di questi mesi ci ha insegnato, sarà volutamente offensiva e volgare, tipica di chi, pur di non affrontare la realtà, si divincola evocando i Tartari.

La vera e propria onda di consulenze, incarichi, e contributi sono un danno inflitto ai cittadini stabiesi. Esse rappresentano una colpevole distrazione di risorse dall’unico scopo che una giunta dovrebbe avere in questo tempo: Politiche a sostegno dell’occupazione, implementazione del Welfare municipale, sostegno al reddito dei lavoratori,  dei disoccupati e incentivazione di politiche per lo sviluppo.

Le consulenze e gli incarichi dati senza la costruzione di una strategia producono disastri. Mortificano le competenze interne alla macchina comunale, creano conflitti e indeterminatezza delle funzioni esecutive, drenano risorse aumentando clientele e opacità nei procedimenti amministrativi.
Non serve agitare un presunto moralismo o i guai del passato per coprire questa vera e propria tragedia.

A cosa serve avere sempre il collo rivolto all’indietro, se alle Terme di Stabia si fa fatica a pagare gli stipendi e si arriva sino al distacco della fornitura elettrica per morosità?

Si sbandiera costantemente una volontà di mettere ordine e pulizia, ma questi slogan si traducono in una gestione dell’igiene urbana disastrosa, con un’azienda sull’orlo del collasso, nonostante l’alchimia della fusione tra ASM e Multiservizi.

Le strade sono invase da auto in doppia e tripla fila senza alcun controllo e i vigili urbani sono dirottati invece sulla repressione verso migranti e disagiati.

Molti dei progetti, messi in campo dalla precedente amministrazione, sono fermi o per vis polemica verso il passato o per ricontrattare le scelte esclusivamente con i gruppi economici imprenditoriali.

La Fincantieri è in una crisi profonda, il contrasto alle scelte del governo regionale e nazionale è timido e subalterno.

Per l’Avis non si è ancora capito quali sono gli intendimenti dell’Amministrazione, dopo aver sbandierato un eclettico programma di edilizia sociale come soluzione ai problemi occupazionali.

Nessuno dei consulenti fino ad ora nominati e ben pagati ha prodotto atti, soluzioni, risposte a questi problemi della città, questo è il punto!

La città è allo sbando, “…come nave senza nocchiero in gran tempesta…”  e forse per questo Bobbio ha chiamato una diplomata in tecnica nautica (sic!) a determinare le scelte in materia di politiche sociali, producendo il blocco completo dei servizi.

Non è di questo che Castellammare ha bisogno, non è con la propaganda l’inefficienza e l’insulto che questo sindaco risolleverà le sorti di una città angosciata.

Lunedì c’è un consiglio comunale.  Alzi la testa l’opposizione e chieda con forza unitariamente un’inversione di rotta. La maggioranza dimostri autonomia e dignità e chieda al sindaco di iniziare a governare. Castellammare ha bisogno di fatti, non di chiacchiere.
Andrea Di Martino   


palinuro 022Il federalismo fiscale è legge e, a centocinquantanni dall’unità d’Italia, simette in soffitta la mai risolta questione meridionale.
Un divario economiconon più colmabile oramai, nonostante promesse e garanzie.
Il federalismo è il principio che ognuno deve fare per se. Ogni territorio deve utilizzare leproprie risorse per erogare i servizi ai cittadini.
Gli italiani che abitanonelle regioni più ricche pagheranno meno tasse e riceveranno servizi migliori. Il resto d’Italia si arrangi pure.
E’ questa la filosofia che sottende unprovvedimento emanato da un governo a trazione nordista, schiavo e succubedella Lega Nord, che con i suoi voti lo tiene in vita e chiede in cambio undazio pesantissimo per il sud. Alla faccia di quel manipolo di deputati delmeridione, autodefinitosi “i responsabili” che pur sono indispensabili allasopravvivenza di questo esecutivo alla canna del gas.
Evidentemente la loroattenzione si concentra più sui posti governativi da occupare, che sul destino delle popolazioni che pretendono di rappresentare.
A sud pagheremo più tasse per avere servizi di scarsa qualità, e il divariotra nord e sud tenderà ulteriormente a divaricarsi.
La reazione a questo scempio non è sufficiente neanche a sinistra.Per troppo tempo si è discusso di una presunta “questione settentrionale” e i guasti di questa svista li pagheranno i giovani delle nostre terre.
Già oggi i migliori cervelli meridionali sono costretti a varcare le frontiere nazionali per cercare un lavoro dignitoso. Il futuro sarà caratterizzato da unvero e proprio esodo se non sovvertiamo questo egoismo territoriale.
Sarà questo il compito della sinistra nei prossimi anni, ricalibrare lafunzione della Repubblica sulla solidarietà. Tornare ad essere quei “fratelli d’Italia” cantati dal Mameli. Un principio di solidarietà che l’art. 3 della Costituzione traduce in uno dei compiti della Repubblica: la rimozione delle cause che producono l’ineguaglianza tra i cittadini. Un principio rivoluzionario che si oppone a questo federalismo egoista. Così invece leineguaglianze si aggravano e i cittadini del sud si trasformano in sudditi diserie b, figli di un dio minore senza tutela e senza rappresentanza.
L’era Berlusconiana si chiude quindi con una drammatizzazione della questione meridionale, tanto cara ai Giustino Fortunato, ai Salvemini, ai Gramsci che avevano elevato questo tema a questione fondamentale della unità nazionale.
La Sinistra dovrà assumere il mezzogiorno come la sua priorità e dovrà riportare le regioni meridionali al centro di questo Mediterraneo in grande sommovimento.


Andrea Di Martino
Presidenza Nazionale SEL


Articolo pubblicato oggi dal quotidiano Metropolis
 


 E’ triste la polemica sulla processione di San Catello! Mi lascia smarrito: il sindaco che attacca il vescovo sulla più antica ed unificante tradizione della città. Una polemica in cui si è provocatoriamente cercata l’escalation per farla rimbalzare sui media nazionali.
Così da fornire l’occasione ai giornali del nord di dipingere Castellammare come quel mix di arretratezza, esclusiva cultura camorristica e tribalità. Nella locuzione classica dei luoghi comuni sul Sud, di chi guarda questa parte del paese e non la vede perché non ha interesse a vederla.
Il sud è morte, immondizia, arretratezza e sottosviluppo e per questo va lasciato marcire al suo destino. Così come stanno facendo marcire la nostra fabbrica, la Fincantieri, marcisca l’intera città e la sua popolazione dedita ai riti del paganesimo tribale.
Che questa occasione venga fornita dal primo cittadino è cosa ancor più deprimente.

Eppure solo due anni fa andava in scena presso la restaurata reggia di Quisisana l’opera di Viviani “Padroni di barche” interpretata  dal fior fiore degli attori di cui stabia è ricca. In quell’opera, come per incanto, irrompe nella scena proprio la processione di San Catello, composta, devota, rito unificante di una città in perenne lotta. San Catello è la sua città, e il rito a differenza di altre tradizioni del sud, non è condito da nessuna superstizione e nessun mistero.
E’ un rito canonico diretto voluto e condotto esclusivamente dalla Chiesa. La processione di San Catello non ha nulla a che vedere con le mistiche pagane di cui è condito il meridione. Nessun paragone con i gigli, con le madonne delle galline o con le flagellazioni e le questue. San Catello è mistero in se, e la sua festa viene celebrata senza urla e senza fronzoli. Da secoli i portatori, operai portuali e maestranze del cantiere, portano in spalla quella statua in modo composto senza incedere in corse e balli. L’unico rito, che tutti conoscono sin da bambini, è quello delle soste.
Le soste presso i luoghi simboli del culto mariano, come la Madonna di porto salvo protettrice dei naviganti, sino alla ultima fermata alla porta S. Catello. Tappe che raccontano la vita del santo e i suoi prodigi, narrati in una scarsa bibliografia locale, illustrata nei dipinti che affrescano la cappella di San Catello in cattedrale e che tutti gli stabiesi si tramandano oralmente di generazione in generazione.  Che ruolo ha la camorra in tutto questo non si comprende. Se non per il fatto che un vecchio camorrista oramai malato, che sta scontando vari anni di condanne, abita in prossimità di una delle tappe della processione.

E’ bastato questo per scatenare una polemica furibonda. Il sindaco dovrebbe sapere, come sa, che oggi la camorra a Castellammare si è trasformata. E’ fatta di giovani, irriverenti e rampanti, desiderosi di affermare potere e forza con tracotanza e modernità. E’ scritto in quelle ordinanze sugli ultimi episodi di camorra, che di certo lui avrà letto, si nutre di un potere di condizionamento ossessivo su imprese e politica. A questa camorra non si fa argine con il folclore della passerella mediatica, questa camorra si combatte con la determinazione e la tenacia, vedendo nel profondo, agendo con determinazione. Castellammare non è una città persa, è una città che da sempre sa reagire ed agire. La sua comunità ha anticorpi al potere delle mafie.

Uno degli anticorpi è costituito dalla Chiesa, che nello stile del suo Vescovo Felice Cece, fatto di silenzio operoso e sobrietà, quotidianamente pianta semi di speranza nel corpo di questa martoriata comunità. Quei semi sono costituiti dai mille gesti che compiono parroci coraggiosi e giovani nei quartieri più bisognosi di attenzione.
In quei rioni di cui la cattiva politica si ricorda solo nelle campagne elettorali, ogni giorno c’è un parroco, un volontario di speranza che opera. Se un centro sociale chiude a Scanzano la parrocchia lo sostituisce. Se un oratorio si trasforma in albergo nonostante tutti gli sforzi fatti anche dalla chiesa per impedirlo, ci sarà un giovane parroco che disseminerà porte di calcetto nel centro antico per far giocare i bambini e sottrarli alla strada. Questa è la città dei Padroni di Barche di Viviani, caro sindaco, e per le strade di questa città, passa quella composta e devota processione del suo patrono, una città orgogliosa e operosa, che non merita la semplificazione che solo le polemiche possono produrre. Una città in cui la camorra c’è opera e fa morti, ma che non ha il volto di un vecchio malato che si affaccia al balcone, ha il volto di un giovane in motocicletta che spara e se vogliamo veramente sconfiggerla, guardiamo  meglio con occhio più attento, non la troveremo in una agiografia del potere.
palinuro 022







Dopo palinuro 022che per nove mesi era covata, sedata e repressa, lunedì sera è esplosa la rabbia dei lavoratori Fincantieri. La notizia circolava da settembre, tra anticipazioni e smentite. Rassicurazioni, false promesse e forse illusioni. Ieri all’incontro romano tra azienda e sindacati, il demone si è fatto carne. Fincantieri ha annunciato la persistenza di 2.500 esuberi e quindi la necessità del gruppo, per sopravvivere, di procedere a ridimensionamenti e chiusure di stabilimenti.
Quello che si temeva come il peggiore degli incubi è diventato realtà. Nel piano vengono cassati d’incanto, i cantieri di Sestri, in Liguria e Castellammare di Stabia, in Campania. Secoli di storia della marineria italiana conferiti a discarica come rifiuto. La protesta e la rabbia hanno invaso le due città di mare, come in una nemesi a Sestri i lavoratori hanno dato fuoco ai cassonetti di immondizia e alle auto e a Castellammare hanno forzato i blocchi della polizia per invadere i
l comune.
Fincantieri è una azienda pubblica, che in questi anni ha sposato senza dubbi e con orgoglio il modello manageriale imposto da Marchionne. Richieste sempre più pressanti di aumenti di produttività. Progetti di realizzare New Company in deroga ai contratti. Delocalizzazioni di impianti in ogni parte del pianeta sempre pronti a seguire i dettami dello Stato committente di turno. Ipotizzando persino  aperture in Libia se a frenare questo progetto non fosse sopravvenuta la rivolta antiregime.
Oggi, dopo aver spremuto per anni questi lavoratori come limoni, rendendo le condizioni materiali di lavoro sempre più ardue ed insicure. Dopo una costellazione di incidenti e morti sul lavoro, decide che è il tempo della ristrutturazione.
Una ristrutturazione terribile perché ai 2.500 lavoratori del gruppo vanno aggiunti più del doppio di lavoratori dell’indotto. L’indotto, si! Questa parola ipocrita che in questi anni è servita per celare precariato, diminuzione di diritti e sicurezza. Una vera e propria new co. parallela che impiegava ed impiega più del doppio della manodopera interna al gruppo.
Per la sola città di Castellammare di Stabia ai 650 esuberi andranno sommati altri 1.800 lavoratori che saranno espulsi dalle ditte, senza ammortizzatori e senza tutela per un totale di 2.500 unità, in una città che conta 70.00 abitanti e ha già subito un profondo processo di dismissione negli anni ’80. Con una presenza della camorra di profonda penetrazione sociale. Una vera e propria devastazione!
A settembre tutto questo era stato oggetto di una velina pubblicata su un quotidiano nazionale, da quel momento sono iniziati scioperi, tensioni, blocchi stradali. Ma è come se su questa vertenza fosse calata una cappa isolante. Era solo una vicenda locale. Ogni tanto qualche blocco stradale, che provocava fastidio, faceva un po’ più rumore ma il giorno dopo subito calava il silenzio.
Oggi la rabbia è esplosa. Ma non può essere solo rabbia, essa si deve trasformare in lotta, per farlo il sindacato deve assumere pienamente il proprio ruolo. La sinistra deve scendere con convinzione in campo, non si possono lasciare soli questi lavoratori e quei dirigenti locali che tentano di non far sfociare la rabbia in rassegnazione.
Fincantieri è una impresa pubblica, non è privata. In quanto tale deve seguire le direttive del governo. Per salvare i cantieri che si vogliono chiudere, servono finanziamenti produttivi, questo lo prevede anche  il piano industriale. Ora se è vero che la crisi della cantieristica è frutto della crisi globale non si vede perché un governo possa investire risorse pubbliche per salvare banche,  che oggi hanno ripreso allegramente le loro attività speculative, e non possa farsi carico di investimenti in un proprio gruppo industriale. Per salvare non capitali speculativi, ma la vita di uomini e donne e la qualità del futuro del mezzogiorno. E anche per attraversare la crisi senza perdere un polmone produttivo capace di competere a livello internazionale ai livelli più alti.
Se questo governo non è capace o non vuole, è l’ennesima dimostrazione di quanto sia avvitato in una ottica di sopravvivenza. La sinistra rialzi la testa e si schieri al fianco di questi lavoratori, questa è la sua lotta!
Andrea Di Martino



Articolo pubblicato oggi su Metropolis quotidiano

ACQUA LA BATTAGLIA CONTINUANella provincia a sud di Napoli la partecipazione al voto, per i quattro referendum di domenica e lunedì scorso, è stata ben sopra la media nazionale. Nel capoluogo invece si è fermata sotto la soglia del 50%.
Un dato sinceramente nuovo, che capovolge il paradigma di un capoluogo che vota secondo una propensione più politica e la provincia caratterizzata da un sentimento di maggiore disillusione. Così non è stato e il motivo si racchiude tutto nella sostanza di due dei quattro quesiti: l’acqua.
Questo voto è stato caratterizzato da una partecipazione moltitudinaria, muovendosi dalla tutela di interessi che attengono alla qualità della vita dei singoli che si sono aggregati in un movimento di cambiamento, espresso con il voto.

A Napoli e nella sua provincia i cittadini, pur essendo sensibili al tema del nucleare, si sentono alquanto “tutelati” dalla possibilità di vedere centrali installate vicino casa, per la presenza del Vesuvio e per l’essere il nostro un territorio sismico. Hanno invece provato cosa significa un’acqua privatizzata, a causa dei disastri in materia prodotti dalla Gori spa. La partecipazione al 60% in città come Castellammare, Portici, e alcune zone del nolano è frutto di una mobilitazione spontanea fatta di cittadini, comitati, associazioni che contestano da anni la gestione GORI. Sono stati proprio questi i soggetti che, più di altri, hanno investito su questo referendum, raccogliendo prima le firme e poi promuovendo con le forme innovative e spontanee la partecipazione al voto.

L’indignazione dei singoli si è catalizzata ed è divenuta organizzazione, come ha affermato un esponente dei comitati “sembrava efficace come l’organizzazione di un partito che funziona”, ed ha prodotto un risultato ben sopra la media nazionale, contribuendo al raggiungimento del quorum in provincia ed in Regione. Si, perché senza le piccole e medie città la Campania sarebbe divenuta la maglia nera nel panorama nazionale, per la bassa partecipazione al voto del comune capoluogo. Qui il fenomeno non è solo spiegabile con la stanchezza dei due turni di votazione amministrative già svolti solo 15 giorni fa.

A Napoli c’è una tensione collettiva minore sul tema acqua. Perché la privatizzazione nel capoluogo non è mai avvenuta, certo l’ARIN è una spa, ma è interamente pubblica e, sulla base della normativa precedente, questo era l’unico strumento possibile per evitare di dare l’acqua ai privati. Per cui a Napoli pur essendo attivi comitati, associazioni e partiti, dopo il grande movimento del 2004 che bloccò il processo di privatizzazione dell’ATO 2, il tema acqua pubblica si è progressivamente trasformato in un problema un tantino più da elité che non è stato permeante negli strati più popolari della società. Per cui gli appelli al voto del neosindaco De Magistris, sono stati raccolti solo dalla parte più sensibile della città e da quella più schierata con la nuova amministrazione.

In provincia invece abbiamo assistito ad un vero e proprio fenomeno di massa, socialmente trasversale e politicamente composito. Il 60% è un dato che deve far riflettere tutti. Soprattutto quei sindaci come Bobbio che a Castellammare hanno teso ad ignorare il referendum, per fedeltà alla filiera Berlusconi, Cosentino, Cesaro che tanti interessi hanno qui in Campania su rifiuti, energia e acqua. Bobbio ha sbagliato ad ignorare il sentimento di avversione che c’è nella nostra città contro l’acqua privata! Quel 60% è un marchio che segna la sua distanza con il popolo stabiese.

Ora, dopo i festeggiamenti bisogna rimettersi al lavoro, perché il referendum ci ha dato gli strumenti, ma l’acqua nelle nostre città è ancora in gestione alla Gori. Bisogna immediatamente produrre gli atti amministrativi conseguenti per fare il percorso a ritroso. Non sarà un terreno di facile manovra, tanti sono gli interessi in campo e forti i poteri che li agiscono. Bisognerà con la stessa caparbietà di questi giorni, non smobilitare, tenere alta la tensione, continuare a far vivere i comitati, le associazioni, perché l’acqua torni ad essere pubblica e la politica dimostri di aver compreso il messaggio che le moltitudini hanno inviato con il voto di domenica e lunedì. 
 



Intervento pubblicato il 6 luglio su Metropolis quotidianopalinuro 022
Declino, è la sensazione che si prova girando questi giorni per le strade di Castellammare di Stabia. Una città in declino la cui metafora si configura con le montagne di sacchetti di immondizia sparsi in ogni angolo. A ridosso di supermercati, salumerie, pescherie colonie di cariche batteriche insidiano la nostra salute. Questi colli maleodoranti di notte si celano nel buio più totale di strade senza illuminazione, sporche, vuote,  tristi. Nelle zone della movida, i punti di attrazione, i chioschi, giacciono chiusi in attesa di un nuovo bando di assegnazione  ed anche lì oramai c’è desolazione, buio e i cumuli di immondizia sono qui stati celati con un ampio telo verde, come se qualcuno avesse avuto vergogna, tristezza, pietà.
Dopo un anno il nodo dei lidi balneari è venuto al pettine, dopo essere stato oggetto di scontro nella campagna elettorale, l’esito è il paradosso. In questa maledetta estate 2011 alcuni lidi sono chiusi fino a qualche giorno fa e ora nessuna manutenzione è pensata dal Comune. In altri i bagnanti si accalcano come sardine in una scatola di latta e nelle poche spiagge libere rimaste c’è solo immondizia ed incuria.
I turisti che sbarcano dalle navi da crociera, trovano servizi inesistenti perché il bando per la stazione marittima è fermo, per un capriccio, da due anni, e ben presto, se questo è lo scenario che trovano allo sbarco, più che una risorsa si trasformeranno in un Boomerang.
Fincantieri dopo una lunga battaglia dei lavoratori, che ha bloccato un piano scellerato di dismissione, ora è appesa ad un filo. Le Terme sono in una crisi che più profonda non si può, il nuovo management è impegnato ad elargire consulenze, assunzioni assurde, improbabili contratti di intrattenimento e trova normale che l’azienda non abbia le risorse per pagare gli stipendi ai lavoratori.
Quella che doveva essere l’emblema della rinascita della città, la restaurata reggia, è divenuta la location di pacchiane rappresentazioni di pseudo moda.
Si ha l’impressione di una città fulminata ed annichilita, mortificata nel suo orgoglio di emancipazione e di partecipazione. Una rabbia che sorda cova negli animi.
Innanzi a tutto questo la reazione della giunta è il chiudersi ed assediarsi in una torre alburnea, da cui i proclami oramai rituali lanciati dal sindaco cominciano a  stancare e appaiono stridule litanie a corollario di una peccaminosa inerzia.
La maggioranza è afona e autistica e vota senza aprir bocca un bilancio carico di forzature e materiale per la corte dei conti.
E’ giunto il tempo di cambiare, il sindaco la smetta di parlare a vuoto e inizi ad operare seriamente per il bene della città. Liberi le strade dai sacchetti utilizzando le procedure e gli strumenti che si sono sempre adottati. Perché mai la crisi dei rifiuti negli ultimi decenni è stata così lunga e devastante per la città. Non dica sciocchezze, i siti di trasferenza già ci sono e sono operativi da domattina, li apra senza indugio, non c’è nulla di nuovo da inventarsi. Si liberi dal ricatto degli egoismi. E suo dovere farlo se non è in grado o non ne ha la voglia, perché anche lui in attesa come altri nel suo partito delle prossime elezioni politiche, vada a casa e interrompa questo lento scivolare verso l’inesorabile e putrescente declino.  
Andrea Di Martino 


 Articolo pubblicato oggi da Metropolis 

Macchina di Bobbio sul marciapiede a via Roma

E' tempo che il centrosinistra di Castellammare si prepari al futuro. Dopo un anno di governo del centrodestra in città, è sotto gli occhi di tutti il declino della condizione materiale, culturale e sociale.
Per arrestare questo esito c'è bisogno di un'alternativa in grado di cambiare davvero.
Su questo quotidiano nelle scorse settimane si sono levate voci diverse che hanno chiesto al centrosinistra di aprirsi alla città e preparare l'alternativa.
Lo hanno fatto politici come Tonino Scala, cittadini come l'avvocato Grimaldi, chiedendo primarie sia sulla leadership che sui programmi.
 Ritengo un segnale positivo di unità la posizione assunta dal capogruppo del PD Toni Pannullo, che assume lo strumento di partecipazione come elemento indispensabile alla costruzione del nuovo centrosinistra. Sono voci nuove che possono essere il collante di una nuova stagione per la città.
Ma è tempo di mettersi a lavoro da subito per cambiare davvero. Castellammare è stata una delle città con il più alto tasso di partecipazione al refendum sui beni comuni. Di quella partecipazione sono stati protagonisti associazioni e movimenti che non albergano in nessuna delle forze politiche cittadine, quegli uomini e quelle donne dovranno essere i protagonisti della nuova stagione.
Il movimento dei lavoratori stabiesi ha arrestato, per il momento, l'eventuale chiusura dello stabilimento Fincantieri. Ci sono vertenze gravi e complesse nel mondo del lavoro ancora da risolvere, Avis, Operatori portuali e lavoratori Termali. Per un vero cambiamento questi soggetti sono un pilastro senza la cui adesione il centrosinistra non sta in piedi.
Castellammare ha fissuto una stagione di grande fermento culturale, vivono qui e operano attori, scrittori, giornalisti, senza l'apporto di questa ricca risorsa il cambiamento non si avvia.
Nei giovani stabiesi si avverte una inquietudine positiva, una voglia di ribellione alla staticità ineluttabile del presente, senza questa energia propulsiva non si può cambiare.
Le donne in questa città sono state protagoniste di una stagione di governo, hanno per prime segnalato il loro dissenso verso questa giunta e i suoi provvedimenti assurdi come l'ordinanza minigonne, senza l'apporto di queste vivace esperienza non si cambia.
Ci sono periferie e quartieri in questa città che vivono ancora disagi gravi, senza la voglia di affermazione di diritti che si avverte nei quartieri cittadini il cambiamento è monco.
Per mettere insieme queste istanze c'è bisogno di costruire relazioni, fare rete, non dividersi in polemiche e protagonismi isterici. L'unico strumento che può selezionare temi e leadership per il cambiamento è quello delle primarie.
I partiti del centrosinistra assumino già ora l'impegno di essere lievito e non ostacolo a questo processo. Non servono alchimie, la ricetta per mandare a casa il centrodestra di Bobbio può essere più semplice di quanto pensiamo. Lavoriamo tutti insieme a quest'opera di cambiamento per tutto il prossimo anno politico, creiamo forum, luoghi di confronto, laboratori di idee, scriviamo regole condivise e partecipate, mettiamo a garanzia di questo processo le figure che hanno fatto la storia positiva di questa città. Dopo aver costruito le fucine, operiamo per cambiare, indicendo alla fine di questo percorso le primarie del cambiamento stabiese.

Andrea Di Martino
palinuro 022

Commenti