Imparato sceglie Castellammare per la prima del suo Uomo e galantuomo




Gianfelice Imparato Antonia Truppo  Valerio Santoro
in una scena (foto di Daniela Scopano) 
La prima di Uomo e galantuomo è andata in scena venerdì sera a Castellammare al Teatro Supercinema. Un omaggio che Gianfelice Imparato ha voluto fare alla sua città. Mettere in scena un lavoro di Eduardo non è mai cosa semplice. Il confronto con un mostro sacro del Teatro Europeo può annichilire i migliori. Il lavoro fatto da Alessandro D’Alatri, regista e Gianfelice Imparato, attore protagonista, è invece stata una operazione riuscitissima. E’ vero che la commedia, scritta nel 1922 da De Filippo, fa parte delle opere giovanili dell’autore, realizzata per Vincenzo Scarpetta. Quando andò in scena per la prima volta nel ’24 l’opera si intitolava: “Ho fatto il guaio, riparerò”. Solo nel 1933 fu portata in palcoscenico dalla compagnia del grande autore con l’attuale titolo. E’ apparentemente una farsa leggera, divertente e che fa divertire. Ma si annusano atmosfere di Goldoni, Shakespeare,  soprattutto si intravedono i primi cenni delle influenze Pirandelliane che segneranno fortemente il teatro di Eduardo. La regia di D’Alatri è in punta di piedi, rispettosa del testo originario, lascia grande spazio agli attori che se ne appropriano con sapienza ed esperienza, rendendo la rappresentazione divertente ma non macchiettistica. Imparato dimostra una maturità straordinaria, nella cadenza dei tempi e dei toni, sono sempre quelli giusti,  non si lasciano mai andare alla ricerca ossessiva della risata, mantenendo nel contempo una vena umoristica di fondo, coniugata con il rispetto della storia di un’artista “distrutto” e “distratto” quale è il protagonista, Don Gennaro. 
La storia è nota e D’Alatri rispetta fedelmente testi ed ambientazione, il tutto si svolge in una Bagnoli d’un tempo che fu. Rinomata località balneare, dove un pranzo in alta stagione costa troppo per una scalcagnata compagnia di “Saltamontagne”. E’ qui che tra equivoci, malintesi, l’esistenza di tre uomini per due donne e due bambini che stanno per essere messi al mondo, che si sviluppa la storia. Il perno di questa storia è Don Gennaro e la sua malmessa compagnia teatrale che deve mettere in scena Malanova (la cattiva notizia) di Libero Bovio. E il primo atto si riempie di una memorabile prova teatrale dove per 5 minuti di scena, c’è una prova che dura 30 minuti, tra gag, malintesi, errori di quegli improvvisati attori, tra cui spicca la bravura di Antonia Truppo che interpreta Viola, la compagna del capocomico,e l’efficacia del supporto fornito da Giovanni Esposito al già citato bravo e impeccabile Gianfelice Imparato. E’ qui tra il tormentone di don Gennaro e della sua “Buatta”, si fissano battute che si imprimono nella mente dello spettatore. Che si lascia accompagnare divertito da una non stucchevole comicità. E nel clou del malinteso e delle bugie rilevate, e degli inconsapevoli e consapevoli adulteri, per fuggire da improvvise ed inaspettate responsabilità, che Valerio Santoro nei panni del giovin Alberto, introduce l’elemento della finta follia, iniziando a recitare quel Tralalalalli e tralalalla, in una sorta di ossessiva danza. La follia simulata sposta tutta l’opera nel transito verso il manicomio ed è forse proprio qui, nel passaggio tra il secondo ed il terzo atto, che la regia introduce un inedito monologo, forse troppo frettoloso, e certamente da rivedere. Questo è l’unico appunto che si può fare forse ad una rappresentazione encomiabile. Un lavoro già presentato in agosto al festival del Teatro di Borgo Verezzi e che proseguirà prima per Milano dal 10 al 27 ottobre al Teatro Manzoni e poi si sposterà a Napoli al Diana dal 30 ottobre all’11 novembre. Una commedia che si vede con piacere, per la bravura dei protagonisti e per un confronto con un Eduardo giovane che non sfigura. Così come in tutte le farse quando è il momento che le nebbie si diradano e la verità viene ripristinata, ecco il Don Gennaro, messo alle strette innanzi ad una inaspettata richiesta di pagamento, afferrare la soluzione della follia simulata così come un preannuncio di un viaggio verso Pirandello da parte di Eduardo, che nella rappresentazione fatta da Imparato sembra tramutarsi in una danza carica di speranza per il teatro, che  nella sua città natale, assume il tono di un messaggio per far veleggiare il futuro di Castellammare sulle ali delle sue potenzialità culturali.

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