ULTIMA FERMATA: CHI E' DI SCENA E LA VITA IN UN BAULE

Si poteva finire nei campi di concentramento ed essere gasati per la condizione di ebreo, durante il ventennio nazifascista. Ma la deportazione ha riguardato anche zingari, omosessuali e tutti quegli uomini e donne considerati dai regimi esseri inferiori, diversi. Così accadeva anche per gli affetti da autismo. Una realtà che spesso tendiamo a dimenticare ma che Cristian Izzo ha voluto mettere in scena presso il Quisisana Jazz Club di Castellammare di Stabia con Ultima fermata. 
Cristian è un giovane autore, bravo, che promette, così come grandi capacità sceniche dimostrano Maia Salvati e Alessandro Langellotti, gli altri due protagonisti del lavoro e le musiche di Salvatore Torregrossa, suonate dal vivo, completano un lavoro degno di essere divulgato. 
Il protagonista della Piece è il teatro, teatro racchiuso in un baule, che occupa il centro della scena. In quel baule c'è il mondo di Michele e Arturo i due protagonisti, affetti da autismo e per questo sottratti alla propria famiglia e deportati con un treno verso la morte. Tutto si svolge nel vagone e li che i due fratelli cercano di ritrovare ciò che per loro deve essere immutabile. Abitudini, affetti, manie e con loro metaforicamente nel baule oltre al teatro viaggia la loro mamma. L'unica che si cura del loro destino li protegge, li invita a sperimentare e perseguire la loro passione verso l'arte teatrale. Si la mamma perché anche il padre è affetto da Alzheimer e quindi non ricorda non sa non li segue. E' quindi è proprio durante questo ultimo viaggio che vanno in scena i due attori, scovando da quel baule tutto il teatro di cui si sono nutriti durante la crescita. In quel baule puoi trovare tutto da Pirandello a Shakespeare. Da Viviani a De Filippo. Ma di certo non troverai mai un soldato, aspirazione che ad un certo punto assale uno dei due protagonisti, angosciato da quella deportazione e da quella terribile mutazione della propria esistenza. Ma i soldati sono cattivi e non possono solcare la scene. Così come a Teatro non trovi mai la morte, perchè gli attori non muoiono mai veramente. E in questo modo il mondo di Michele e Arturo sopravvive nonostante gli orrori della umanità e le terribili deportazioni dei Nazisti e dei Fascisti (sottolineatura che l'autore più volte rimarca nel testo). E' un lavoro che affronta un dramma con lievità e che ha la grande capacità di fare uscire il teatro classico dalla sua immagine oleografica, per attualizzarlo, farlo parlare al presente raccogliendo le parole dal passato. Un lavoro da non perdere e da incoraggiare. Faranno strada questi giovani artisti. 

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